La volontà della D, questa sconosciuta
Parliamo in questo breve articolo di qualcosa che ancora ci sfugge dopo 20 anni di narrazione: la volontà della D.
Diamo sempre per scontato che la traduzione corretta sia la volontà della D, ma analizziamo invece i termini che compongono i termini originali giapponesi “Dの意志” (D no ishi).
- “D”: boh, cos’è? Un nome? Un abbreviazione? Un simbolo? Sappiamo che c’è dietro una storia antica, come dice Roger a Newgate. Nient’altro.
- “no”: preposizione articolata che racchiude singolari e plurali (DEL, DELLO, DELLA, DEI, DEGLI, DELLE).
- “Ishi”: ha cinque possibili traduzioni, ovvero “volere, volontà intenzione, scopo, determinazione”.
Detto questo, perché dare per scontato che sia la volontà della D? Perché rendere soggetto la D in quanto lettera? Non potrebbe essere “Lo scopo dei D“? Oppure “L’intenzione di D?” E non va bene pure “La volontà di D” o “dei D“?
Ciò che si evince però è una cosa sola, ovvero che “questa cosa D” (che sia singolare o plurale poco importa) ha (permettetemi il termine) “impiantato” in coloro che hanno questa lettera all’interno del proprio nome di famiglia uno scopo, una volontà a cui dover rispondere, proprio come se fosse un istinto primordiale a cui non possono dire di no.
Eppure questo ragionamento cozza, almeno per il momento, con quanto abbiamo visto nei “D” apparsi finora. Cos’hanno in comune le famiglie Monkey, Gol, Portgas, Hugwor, Trafalgar e Marshall? Quale dovrebbe essere lo scopo comune che accomuna sei famiglie (per ora) con persone tanto dissimili nei comportamenti, perfino nella famiglia stessa? Che ancora non ci sia stato mostrato? Oppure anche se si ha la D nel proprio nome di famiglia, non tutti hanno questa volontà ereditata?
Riporto il dialogo tra Kureha e Dalton alla fine della saga di Drum.
- Kureha: …Conoscete Gol D Roger ?
- Dalton: D…? Intende Gold Roger? Non penso ci sia qualcuno al mondo che non conosca quel nome.
- Kureha: …Capisco, ora lo chiamano così… Gold Roger. Sembra che la mia piccola renna si sia messa al seguito di un tipo davvero pericoloso…
- Dalton: …
- Kureha: Quindi “D no Ishi” è sopravvissuto/a (è ancora vivo/a)…
Teniamo in considerazione che Kureha aveva allora 139 anni ed è stata testimone praticamente degli ultimi 150 anni di storia. Come sappia della D è ancora un mistero, ma se prendiamo come base questo dialogo possiamo dire con certezza che lei ha rivisto in Luffy quel qualcosa che dovrebbe essere un fondamentale di questa “D no ishi”.
Luffy cos’ha fatto a Drum? Ha messo i bastoni tra le ruote all’autorità del luogo, liberando il paese dalla sua presenza? In tal caso anche Teach ha fatto la stessa cosa, facendo fuggire Wapol da Drum. Oppure ha preso con sé un medico disagiato dell’isola? In tal caso, chi può dire attualmente che Doc Q non fosse un medico di Drum? No, dev’essere qualcos’altro. Qualcosa che ancora non abbiamo ben compreso, perché dubito che in 139 anni e nei 22 anni dopo la morte di Roger non abbia mai sentito nominare un D, visto che Garp, ad esempio, è un viceammiraglio della Marina.
Mi hanno chiesto: “La missione dei D sarebbe una traduzione accettabile?”
A mio dire sarebbe un’adattamento che potrei ritenere corretto in quanto non cozzerebbe con quanto “ishi” vuole intendere, ovvero una volontà, un intento, uno scopo. I due termini che formano la parola i-shi significano “idea, cuore, gusto, pensiero, desiderio, cura, simpatia” e “intenzione, piano, risoluzione, aspirazione, movente, speranza“, quindi una missione è quasi implicita nel termine, ma è solo un’adattamento, perciò la terrei come opzione di riserva onde evitarci problemi di sorta.
Non ci resta che attendere. Come al solito, no? Nel frattempo vi lascio riflettere su questo scopo, su questo obiettivo, su questa volontà da portare a termine che questo/i D si tramandano da tempi a noi tutt’ora ignoti.
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