C’è stata un’epoca in cui il sottoscritto, per un progetto che alla fine non andò in porto, si mise a rileggere con attenzione One Piece alla ricerca di quelli che potremmo definire “parallelismi”.
In un’opera lunga e articolata come quella di Oda capita di imbattersi in due o più situazioni simili tra loro. A volte no, ma spesso tali situazioni sembrano assomigliarsi per precisa volontà dell’autore, affinché noi lettori possiamo confrontarle, notare punti di incontro e differenze e trarre conclusioni che conferiscano alla trama nuove sfumature.
È il caso della copertina del volume 61, in cui la disposizione dei personaggi – ora più numerosi – si riconduce a quella del volume 1. Siamo all’ingresso del Nuovo Mondo, un vero e proprio nuovo inizio per il quale i protagonisti si sono allenati a lungo. Creare un legame con le origini consente di risaltare questa seconda parte di viaggio, che sarà quella cruciale e definitiva.
Siamo nell’universo shonen, del resto, dove il concetto di evoluzione passa proprio attraverso una ridefinizione di se stessi. Pensiamo ad esempio a Luffy che, per poter maturare durante il cosiddetto “time skip” di due anni, deve prima considerare nuovamente i suoi trascorsi, ammettendo i propri limiti da dover superare e accorgendosi di quante persone credano in lui. Uno shonen manga, dunque, invita all’autoriflessione fornendo esempi, ma anche “esercitazioni pratiche”, verrebbe da dire, con l’inserimento di parallelismi da ritrovare e rielaborare.
Un esempio recente possiamo rinvenirlo proprio nel paese di Wano. Il parallelismo in questa situazione si lega al concetto di sorriso, visto alternativamente nella sua concezione negativa e in quella positiva.
Ripercorriamo i tre passaggi principali. Nel capitolo 929 lo shogun Orochi parla di divertimento per ben due volte: prima, a colloquio con il CP0, fa notare come gli abitanti delle sue terre sembrino felici; successivamente, durante il sontuoso banchetto allestito nel suo castello e contrapposto a scene di carestia e degrado nelle periferie, invita gli ospiti a divertirsi e a non pensare a nient’altro.
Nel capitolo seguente, il 930, seguiamo invece l’ingresso di Zoro nella città di Ebisu. È una città che vive di avanzi e nella povertà, eppure i suoi abitanti sono sempre sorridenti: l’essere umano è l’unica creatura a possedere la capacità di ridere, non farlo dunque sarebbe uno spreco, affermano.
Nel capitolo 932 ritorniamo al castello di Orochi, dove lo shogun mette in guardia gli invitati rispetto ad un’ipotetica congiura ordita a suo danno per mano di Kin’emon e degli altri vassalli del defunto Oden: noi lettori sappiamo che i suoi sospetti sono ben giustificati, ma i commensali non la pensano in questo modo e soffocano a stento le risate. Non così fa una ragazzina, Toko, le cui sghignazzate innocenti danno il via ad un putiferio, con Orochi che tenta di passarla a fil di spada e il banchetto che si trasforma in un campo di battaglia.
Sorriso come inganno, sorriso come reazione alle difficoltà, sorriso come minaccia. Agli uomini del CP0 Orochi tiene a dimostrare la ridente normalità che circonda il paese, salvo poi perdere le staffe quando proprio un sorriso, innocente come solo quello di un bambino può essere, mette in dubbio la sua parola e, quindi, la sua autorità.
In mezzo ad illusioni e menzogne spicca la risata liberatoria degli abitanti di Ebisu, che rappresenta una sorta di ribellione involontaria alle angherie del potere. L’azione di Luffy e dei suoi alleati porterà un ribaltamento a Wano e possiamo stare sicuri che, alla fine della battaglia, ci saranno solo più risate benefiche e autentiche.
Quella per parallelismi è l’ennesima tipologia di lettura con cui si può affrontare One Piece, un’opera sempre pronta a fornire spunti di riflessione, a patto di leggerla con il giusto sguardo.