Bouissou, esperto di cultura nipponica, afferma che “i giapponesi, di informazioni, sono avidi su tutti gli argomenti possibili” (Il manga, Storia e universi del fumetto giapponese, pag. 247): non deve perciò stupire se leggendo uno shonen capiterà di imbattersi in nomi o luoghi che si rifanno ad una qualche cultura, anche occidentale.
Oda non è da meno, anzi. A differenza di altri autori, lui con le culture ci gioca, finendo per creare quello che Pellitteri, studioso appassionato di fumetti, definisce mangapastiche. Ovvero: armoniosa mescolanza di riferimenti e citazioni rielaborati in maniera creativa e originale. Volete un bell’esempio? Dressrosa. In una cittadina dalle atmosfere spagnoleggianti, che cosa caspita ci fa una specie di Colosseo romano? Eppure non stona, creando invece qualcosa di piuttosto interessante che ben si integra all’interno della storia.
Ho fatto tutto ‘sto pippone iniziale per introdurre ciò che, con un nome a dire il vero non particolarmente poetico, definirò “dettagli che fanno discutere”. Un certo Marconi (giuro che coi nomi ho quasi finito!) scrisse un piccolo saggio sul nostro One Piece e affermò che quest’opera è composta da “molte storie dei molti”.
Nell’opera di Oda tutto è racconto, ogni elemento del fumetto concorre a raccontare qualcosa e ad ampliare un mondo che, con l’avanzare della storia, è sempre più vasto. Non solo. Non è che ciascun elemento si limiti a narrare qualcosa, ciascun elemento invita il lettore a discutere di ciò che narra!
Dalle SBS in cui viene dato spessore anche a dettagli insignificanti alle Miniavventure con le loro storie parallele, siamo portati a discutere ad ogni nuovo capitolo: e questa operazione, come del resto dimostra One Piece Mania stessa, ci fa considerare il nostro contributo importante, un buon modo per passare il tempo.
Occorre ricordare che, nelle sue uscite settimanali sulle riviste, lo shonen manga ha sempre spinto i giovani giapponesi a scambiarsi opinioni sui nuovi capitoli. Ma qui l’azione di Oda è su di un livello completamente diverso. A questo punto ci si potrebbe chiedere lo scopo di tutta questa cosa. Ci arriverò, ma con calma.
Ora vi faccio notare come noi lettori seguiamo le vicende di One Piece dal punto di vista dei protagonisti. Giusto per farvi capire, iniziamo a riconoscere la colorazione più scura dell’ambizione solo dal momento che anche Luffy, grazie agli allenamenti di Rayleigh, inizia a distinguerlo. Allo stesso modo, è solo grazie alle esplorazioni della ciurma di Cappello di Paglia che noi apprendiamo usi e costumi di varie popolazioni del mondo di One Piece.
Attenzione: prima di essere dei combattenti, Luffy e soci sono degli esploratori, quasi degli antropologi. Lo schema ormai fisso “sbarco su un’isola-immersione nella cultura dominante-scontro col nemico di turno” ci suggerisce appunto la validità di quanto detto, perché non si lotta se prima non si è capita bene la situazione presente in quella realtà.
Abbiamo parlato di antropologia e qualcuno potrebbe storcere il naso, ma se ci pensate bene è proprio così. Uno dei cardini di questa disciplina è che per studiare una determinata cultura bisogna immergervisi dentro. L’intervento di Luffy non viene mai “dall’alto”, nel senso che prima di percuotere il cattivo il nostro gommoso vive alcune vicende, visita le nuove terre, prova la cucina del posto, spesso le prigioni, sente delle storie raccontate dagli abitanti stessi. Ecco, le già citate storie.
Quello che fanno i protagonisti è ciò che facciamo anche noi spettatori: leggendo One Piece, stiamo compiendo una certa ricerca.
Non so se sono riuscito a rendere bene i concetti che volevo esprimere. Forse qualcuno dirà: “e quindi?”. E quindi niente. Oda ha ideato un inno al racconto, l’unico modo per conferire spessore e importanza alle azioni.
Bruner, psicologo, affermò che l’essere umano pensa in maniera narrativa, nel senso che per comprendere il mondo deve autoraccontarselo. Se siamo così affezionati al mondo di One Piece, è perché quel genio di Oda ha utilizzato il racconto per esaltarne ogni più piccolo aspetto, ogni più insignificante sfumatura.
E noi, anche grazie ai nostri commenti sui social network, facciamo parte di questo enorme e affascinante mondo.