‘Sto coi lupi perché sono tempi cupi/e non capisco
un meccanismo c’è ma l’hanno messo ben nascosto…’– Colle der fomento, Solo Hardcore
Salve genti, nuova analisi, capitolo 1141: caos orizzontale.
Oda non si preclude alcuna strada. Dopo una serie di capitoli che mostravano un (dannatamente efficace) nudo funzionalismo e ipertrofiche rivelazioni da fine millennio, ridimensiona improvvisamente il ritmo, riprendendo ciò che ama da 27 anni: disorientare il lettore e inserire un climax devastante.
E lo fa con una discrezione da scarafaggio su un tappeto bianco.
Tra richiami storici e i riferimenti (volutamente?) sfumati di Ripley, fino alle battute satiriche di un Jarul sempre più ambiguo, rispunta addirittura il dibattito sul valore dei titoli di capitolo. Non è un caso. Il Bianconiglio shonen sembra descrivere un dramma che aspira gradualmente alla tragedia. Basta osservare l’espressione finale di Loki. Ma andiamo con ordine.
È il momento dell’Elzeviro…
I Foderi di ghiaccio
Ci sono. Ho capito. Roger rideva per l’assurda lentezza di questa mini-avventura.
Senza mezzi termini: la vicenda si sta trascinando oltre il necessario, suvvia, cos’altro dovremmo aspettarci? Il ‘montaggio analogico’?
Gli stivali dei soldati? L’occhio della madre – sebbene sia la sorella – di Ulti?
La carrozzella col bambino con dentro Page One?
Sbaglio, o il viaggio di Yamato sta diventando La Corazzata “Kotiomkin“?
Ironia a parte, questa mini-avventura mi piace molto, la trovo densa di significati. Potrei perfino amarla di più se solo Oda non diluisse i tempi in scene di cui abbiamo già assimilato il contesto. Attenzione: intendo la situazione, non il quadro generale, e men che meno le sue implicazioni future. A questo punto è lecito tornare alla protagonista: Yamato. La scorsa settimana scrissi una frase che, per mancanza di elementi, nemmeno io prendevo troppo sul serio:
‘Se ricordate bene il personaggio tutto torna, il sensei spesso espande il concetto di ‘bene e male’, rendendolo fluido, interconnesso si, ma mutabile. Non ho sinceramente idea se sfrutterà il tema classico del ‘cattivo che si redime’ (Malefica per fare un esempio, non passa da antagonista e protettrice di Aurora?), magari aiutata addirittura da Yamato e O-Tama, ma vi confesso che l’idea mi piacerebbe veramente.‘
Ora inizio quasi a crederci. Questo non è forse il viaggio della guerriera? È o non è il suo intento quello di emulare Oden? E i Foderi non erano forse reietti, disadattati, criminali? La risposta è sempre affermativa. Nei precedenti articoli ho messo in parallelo ogni fase del viaggio di Oden con quello della figlia di Kaido. E se questo fosse il momento in cui il futuro daimyō ripuliva Kuri, sanando il primo punto debole di Wano? Ashura Doji era forse uno stinco di santo? Non direi. Era uno dei criminali più efferati del paese.
Fino all’incontro con Oden.
Sì, mes amis, sarebbe straordinario se Yamato, ripercorrendo il cammino del suo eroe, finisse per esserlo davvero, senza nemmeno accorgersene. Se diventasse il catalizzatore di un cambiamento, rendendo i suoi compagni più forti e determinati, ma anche più giusti nel loro agire. Il punto di rottura che cambia le vite degli altri. La scintilla capace di scardinare il destino di Wano. Un classico della narrativa eroica.
Riuscite a immaginare O-Tama che aiuta i due fratelli, e Ulti che le chiede scusa per averla aggredita?
Se si presta attenzione, il parallelismo non solo è plausibile, ma duplice. Nessuno dei futuri alleati di Oden (Kanjuro escluso) era davvero malvagio nel senso stretto del termine. Erano uomini e donne costretti dalle circostanze a diventare fuorilegge, reietti di un sistema. Oden li sconfisse, ma non fu la sua forza fisica a conquistarli, bensì la capacità di risvegliare qualcosa di nobile dentro di loro.
Ogni battaglia che affrontò non fu solo per la vittoria, ma per rivelare a chi lo osserva che c’è qualcosa di più grande in gioco, qualcosa che va oltre il singolo conflitto: la possibilità di riscrivere la propria esistenza.
Non è forse questa, la stella polare di Yamato?
In un’epoca che rischia di dimenticare la forza delle radici e il valore del vero, la figlia di Kaido non vi ricorda un certo personaggio di Elbaph? Nella scelta di rimanere fedeli a se stessi e alla propria visione di vivere, senza cercare consenso, nella riflessione sul valore della crudezza che non teme di mettersi a nudo, senza fronzoli né compromessi. Nella lotta per mantenere intatta l’identità, nonostante le pressioni esterne.
Avevate dubbi? Certo che mi riferivo a Loki.
Signore e signori: capitolo 1141…
L’Edda giapponese
‘E il gioco ricomincia’
– Neil Gaiman, Mitologia norrena
Il capitolo riprende con Nami e Road che fanno ritorno alla festa, mentre Luffy e Zoro si dirigono da Loki.
Alcuni si sorprendono del comportamento dei Mugi: la facilità con cui Nami pensa di rubare dal castello e l’ostinazione di Luffy nel voler liberare il principe sembrano un affronto alla fiducia ricevuta a Elbaph. Ma la chiave è proprio questa: leggerezza.
Nami non sta pensando a un furto in senso comune. Nella sua mente, si tratta di appropriarsi di qualcosa di abbandonato. È uno dei rari momenti in cui la pecunia annebbia la sua solita lucidità, portandola a comportarsi in modo infantile. Lo dimostra Road, che la implora di tacere davanti alle guardie, stupite dalle sue parole. Risultato? La navigatrice è in piena fase “il mio tessssoro” e punta letteralmente i piedi come una bambina.
Per Luffy contano due fattori: l’ostinazione e la parte di conversazione con Loki che ancora ignoriamo. Lo sappiamo, il capitano è la personificazione del bastian contrario. Anche qui il presupposto è innocente: non vuole mancare di rispetto a chi li ha accolti, ma liberare il trickster per ottenere informazioni su Shanks. Forse – ma è solo un’ipotesi – Loki gli ha accennato qualcosa di cruciale off-panel.
Arriviamo ora all’Yggdrasil. Il titolo dell’articolo non è un vezzo: Oda sta davvero giocando con il mito. Avete notato quanto distorca la leggenda norrena? Nella vicenda originale Loki fu imprigionato in una caverna con le viscere di suo figlio, mentre fu Fenrir ad essere incatenato dalla Gleipnir. Oda gioca con la mitologia, costruendo un ponte tra la familiarità dei miti e l’imprevedibilità della trama. Un esempio? La Ame no Habakiri, che uccide Orochi, altro non è che la Ama no Murakumo delle tradizioni giapponesi. Ma il modo in cui viene usata nella storia è tutt’altro.
Questa rilettura intertestuale è una strategia narrativa raffinata, che, si, arricchisce la trama orizzontale ma, allo stesso tempo, solleva il sipario su un gioco di rimandi, un intrico di indizi.
Il sensei rende immediatamente familiare il folclore, ma lo piega alle sue necessità narrative, depistandoci con metodo. Una premessa necessaria, perché qui entrano in gioco il villaggio di Haugen, il tronco con il foro e il fulmine. Abbiamo finalmente un accenno di struttura sociale: i villaggi di Elbaph sono indipendenti e abitano su rami separati, ognuno con la propria storia. Questo suggerisce quante comunità Harald abbia escluso dai suoi piani di espansione e quanti potenziali antagonisti potrebbero emergere nella saga. Franky nota l’enorme albero tagliato di netto, un tempo sede del villaggio Haugen. Un fulmine colpì il ramo, troppo vecchio per resistere: prese fuoco e dovette essere reciso per evitare il peggio.
Non avendo ancora le raw giapponesi, e considerando che il Mala deve ancora lavorare sulla traduzione mentre il Re sull’adattamento, non possiamo analizzare ogni termine con certezza.
Quindi non dimenticate, stasera vi aspettiamo in Fatal, doppiaggio live della traduzione adattata dal giapponese, idee esplosive, teorie folli, speculazioni che non vi aspettate e tanto umorismo in stile Bike, ci vediamo alle 21.00, non mancate!
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In ogni modo, anche senza i soliti preziosi strumenti, il mio lavoro è offrirvi comunque un’analisi che vi aiuti a riflettere, ergo farò del mio meglio:
A. Sorge una domanda: il fulmine può essere collegato a quello del murale delle Tre Ere?
La teoria è affascinante, ma va trattata con cautela.
Il Warland è ciclopico e i giganti sono immensi, ma ciò non implica che anche gli eventi climatici del luogo debbano essere altrettanto sproporzionati. Lilith ci dice che il clima di Elbaph racchiude tutti gli elementi del mondo in un unico ecosistema—ecco perché la tecnologia di Egghead potrebbe funzionare lì. Ma non ha mai suggerito che tali fenomeni abbiano dimensioni fuori scala. Si parla di caso isolato.
Se il fulmine fosse lo stesso raffigurato nel murale, ci troveremmo di fronte a un’Arma Ancestrale. Ma quello che ha distrutto Lulusia ha lasciato effetti ben più gravi: ha trasformato un tratto di mare in una voragine perenne. Possibile che un potere simile abbia semplicemente bruciato un ramo?
Ecco il senso di questo capitolo: un depistaggio orchestrato alla perfezione.
Ripley parla di Haugen come di un evento recente, perché impresso e ricordato nella memoria collettiva. Gli eventi raffigurati nel murale, invece, si perdono in un passato remoto risalente a oltre mille anni fa. Per ora, il fulmine da un’arca Maxim X o la detonazione di un’Arma Ancestrale Y mi sembrano ipotesi remote.
B. È interessante notare che ‘Hagen’ è un nome che appare nella mitologia norrena, riferendosi a Högni, un personaggio della saga dei Niflungar. Tuttavia, ‘Hagen’ e ‘Haugen’ sono termini distinti e non correlati nella cultura scandinava. Högni (Hagen in alcune versioni) è un personaggio che ricorda perlopiù il Loki di Oda, un eroe tragico, guerriero forte, astuto e leale, ma anche un uomo capace di compiere atti crudeli, che lo pongono in una posizione ambigua. Il suo personaggio ha vari aspetti da esplorare. Ma, lo dico con la massima franchezza, al momento è solo una similitudine, perché non so neanche come Haugen sia stato riportato in giapponese.
C. Non mi soffermerei troppo sull’ipotesi riguardante Enel, perché credo (e la sua vicenda lo conferma) che sia uno dei pochi personaggi che ha davvero realizzato il proprio sogno. Ciononostante, l’ipotesi potrebbe ruotare piuttosto attorno al Goro Goro no Mi, dato che il murale risale a circa mille anni fa, di certo Enel no. Ma se avesse scoperto brandelli storici che lo spinsero a desiderare quel frutto, quindi a distruggere la sua città per poi puntare alla luna? Beh, non male. In fondo questa idea ha una certa coerenza, pur senza una grande finezza nei particolari. Un’angolazione onesta.
D. E così giungiamo a un punto cruciale: l’albero è cavo. Non si tratta di un fenomeno innaturale, anzi, con l’età, i rami più robusti possono subire un deterioramento del legno interno, soprattutto quando non sono più sostenuti dalla parte vitale dell’albero. Questo processo si manifesta con maggiore evidenza nei rami più spessi. Eppure non riuscivo a liberarmi dal pensiero di quel dettaglio, così meticolosamente reso. Dopo numerose ricerche, una possibile spiegazione giunge direttamente da Neil Gaiman, nella sua rielaborazione dell’Edda. E, udite udite, parla addirittura di Loki:
‘Vedo più lontano di te, Loki. Vedo fino all’Albero del Mondo”, dirà Heimdall nel suo ultimo respiro. “Il fuoco di Surtr non può distruggere l’Albero del Mondo, e due esseri umani si sono nascosti al sicuro nel suo tronco. La donna si chiama Vita, e l’uomo si chiama Desiderio di Vita. I loro discendenti popoleranno la Terra. Questo non è la fine. Nulla di malvagio è accaduto. È solo la fine di un’epoca passata, Loki, e l’inizio di una nuova. La rinascita segue sempre la morte. Non hai vinto.’
– Neil Gaiman, Mitologia norrena
State tranquilli, non sto proclamando nessuna verità rivelata o segreti svelati. Tuttavia, è difficile pensare che si tratti di pura coincidenza. I due fuggitivi di cui parliamo sono Líf e Lífþrasir, gli unici esseri umani sopravvissuti al Ragnarok, che nel mito classico si nascondono nel Bosco di Hoddmímir. Ma Gaiman (autore di straordinaria rilevanza letteraria, che ha reinterpretato entrambi i testi dell’Edda), li colloca nel tronco di Yggdrasil. D’altro canto, Surtr è la figura che incendierà il mondo, generando così la sua rinascita. E le parole: “È solo la fine di un’epoca passata e l’inizio di una nuova“, sembrano riecheggiare quelle dell’Harley e del murale delle tre ere. Di certo non credo che qualcuno possa vivere dentro Yggdrasil – non è questa la questione, senza considerare che, con Oda poi, l’impossibile lo trovi dietro l’angolo. Semmai è mia intenzione sottolineare quanto prenda dal mito originale per poi adattarlo, se non addirittura stravolgerlo, secondo le necessità narrative. Esattamente come vi ho fatto notare prima nell’esempio di Loki e suo figlio.
L’unico disegno che si fa intravedere è quello di un rimando continuo alla fine del mondo tanto agognata dal principe. In alcune fonti mitologiche norrene si menziona un’interazione tra Surtr e Víðópnir, il gallo che secondo la tradizione canta prima del Ragnarök. Come raccontato nel poema eddico Fjölsvinnsmál, l’animale intona la melodia per tre volte, dal ramo più alto di Yggdrasil, preannunciando l’imminente battaglia. Questo serve quasi a riflettere sul fatto che non abbiamo la minima comprensione della struttura sociale dei villaggi, quindi figuriamoci azzardare un’idea su cosa possa attenderci nella vetta di Yggdrasil.
Un pensiero sfuggente va sempre a Ripley, che mi suscita riflessioni fin dall’inizio. Non che ci sia nulla di cui preoccuparsi, intendiamoci: è schietta, sincera e ispira fiducia con la sua passione per la storia, nonché con la sua unione con una figura positiva. Eppure, resta il fatto che non desideri che suo figlio cresca con i precetti pacifici della scuola del Tricheco; parla con nostalgia delle antiche generazioni di guerrieri e fu la prima a chiedere a Luffy della “forma bianca”. Ma soprattutto, come dicevo è sposata con Gaban. Così mi domando: di cosa è realmente a conoscenza rispetto ai suoi compaesani? La scelta di educare Coron è forse influenzata da qualcosa che il marito le ha rivelato? Non la sto accusando di nulla, sia chiaro, ma c’è in lei un non so che, come se sapesse qualcosa di importante eppure preferisse non condividerlo con i vichinghi. O qualcosa di simile.
Effettivamente è vero: confermata l’identità di Gaban cambia il ritmo del can can narrativo, e possiamo rivalutare alcuni precedenti punti di vista.
Ah, il solito Oda che punta al solleticamento delle nostre sinapsi.
Andiamo a comandare
«Non sta mangiando», sussurrò Skirnir.
«Non ne ha bisogno», disse Frey.
«Beve. Ha bisogno solo di vino, nient’altro. Vieni»– Neil Gaiman, Mitologia Norrena
In questo paragrafo, tra fiumi di alcool e otaku timidi, il tono cambia. E parecchio.
Come iniziare? Mh… ecco, ci sono. Usopp è in pieno overdrive emotivo da sbronza epica. Pieno di alcol fino alle pupille, fa qualche domanda a Nami, poi, con sorprendente lucidità decide di presentare la navigatrice a Jarul, l’epicentro stesso del rispetto a Elbaf. L’anziano guerriero la osserva e commenta con un semplice ‘è bellissima’, e il buon Usopp (ancora in fase da manuale di sopravvivenza di un alcolizzato) per tutta risposta: lo etichetta pubblicamente come pervertito, lo apostrofa con un titolo a metà tra reperto semi-archeologico e fossile pensionato, e non ancora pago, sfoga l’apice del delirio con un cinque diretto alla spada conficcata nel cranio del vecchio, polverizzando il suo orgoglio. Da allora credo che Jarl sia chiamato Numero 5, visto che il cecchino lo ha mandato letteralmente in corto circuito.
Ho riso finché il singhiozzo non mi ha steso.
Usopp è diventato irriverente verso i suoi idoli? Niente affatto. È come il fratellino minore portato in giro dai più grandi, che per una sera si sente libero di esagerare. Si è solo lasciato andare, complice l’alcol, mentre smaltisce lo stress accumulato tra Wano ed Egghead. Non mi sorprenderebbe se la scena fosse un’iperbole comica voluta appositamente, utile a farci capire che la spada attraversa davvero la testa del gigante. E in effetti: gli occhi gli schizzano fuori dalle orbite, lo si vede chiaramente dolorante, e Dorry riprende il buon nasone, ingiungendogli di non toccarla mai più.
O Jarul è un attore da Oscar capace di tempistiche perfette, oppure siamo nel pieno del dogma fantasy dell’impossibile. Ma in fondo abbiamo visto di peggio. Infatti non è che all’improvviso tutti si fermino e, in un silenzio glaciale, fissino storto il cecchino. La festa continua senza intoppi: da Dory a Nami, ognuno si gode il momento, senza lasciarsi distrarre dall’accaduto.
Ok, parliamo delle parole che hanno sconvolto il web. Personalmente penso che a volte il comportamento di Jarul sia ambiguo, ok, ma in termini di contrasto con la politica di pace di Harald, la frase sulle donne anziane (a meno che l’autore non ci dimostri il contrario, ma non credo proprio) va letta come una battuta. Un semplice fraseggio divertente, forse per alleggerire un momento. Ho sentito le teorie più strampalate, come quella che coinvolge Imu. Anche se fosse plausibile che data figura misteriosa sia donna (nel contesto fantasy), non c’è alcun supporto narrativo per tirare in ballo questa teoria. Con Oda tutto è possibile, certo, ma al momento è semplicemente inconcepibile che Jarul conosca, si sia innamorato e ricordi affettuosamente una figura che esiste da almeno mille anni. Per ora, Imu è identificato come maschio, e se l’anziano fosse a conoscenza della sua esistenza, non l’avrebbe mai lasciato in vita.
Tornando a noi, dopo le gag di Usopp, la regia del capitolo introduce dialoghi estremamente interessanti. A conferma di una certa coerenza narrativa infatti, Sanji si chiede dove sia finita Gerd.
La ragazza, insieme a Road, si sta prendendo cura delle guardie massacrate da Gunko. Osservando la scena, non ho potuto fare a meno di chiedermi: ‘Neanche adesso danno l’allarme?’. Ma questa volta Oda ha pensato a tutto:
- Le ferite riportate sono fratture multiple e tagli profondi, ma la vera notizia è un’altra: prima di perdere conoscenza le guardie hanno confermato che gli aggressori erano due umani. Un dettaglio che colpisce anche Gerd, la quale osserva quanto sia strano che due semplici persone siano capaci di tanto. I giganti di guardia al castello sono tra i pochi addestrati al combattimento, ben più forti della media.
- Dal capitolo poi emerge un dettaglio fondamentale: ogni ramo, e quindi ogni villaggio, ha una storia propria. Gerd parte subito per riferire a Jarul, il che implica che non esiste un consiglio del villaggio, né un prefetto o una classe nobiliare che rappresenti un governo. Altrimenti, si sarebbe rivolta alla massima autorità, non trovate? A Elbaph dunque il più anziano sembra fungere da equilibrio. Chissà nel resto del Warland…
- Road non è esattamente cinico, ma pragmatico: se la verità venisse a galla prima del ritorno dei Mugiwara, rischierebbe di essere considerato complice, quindi vuole fermare Gerd. Inoltre, spera che Loki rivolga la sua attenzione all’esterno. Un pensiero che rafforza il quadro generale: il principe prendeva il largo, da qui il titolo di pirata, la taglia del Governo e—sebbene non si siano mai incontrati di persona—un possibile contatto con Mosa? Forse no. Parlava al lumacofono. Del resto, quello di Sheperd non si è forse interrotto per l’eccessiva distanza dai ripetitori di Mary Geoise? Se è così, allora l’interlocutore misterioso potrebbe trovarsi nel Warland.
- L’indole dell’otaku è chiaramente buona, infatti l’ombra del possibile gemello di Shanks lo inquieta. Atterrito dalle condizioni delle guardie giganti, non ha nemmeno il tempo di rimuginarci troppo. Gerd, donna del Rinascimento vichingo, medico abile e soave fanciulla, adotta una strategia sobria e parca per farlo parlare: gli apre la testa in due con il piatto dell’ascia.
Cambio scena: Oltretomba.
La vera Odissea vichinga è appena cominciata.
Ora tocca a me
‘Loki stava cercando di sembrare serio, ma nonostante ciò, stava sorridendo agli angoli della bocca. Non era un sorriso rassicurante.’
– Neil Gaiman, Mitologia norrena
L’inferno dei ghiacci, uno scenario livido, prigione ideale per una mente depravata dal cuore corrotto.
Almeno, è così che finora ci è stato mostrato. Ma qualcosa non mi convince. Procediamo con ordine. Luffy e Zoro comprendono immediatamente le reali condizioni del principe: il primo sinceramente preoccupato, il secondo, lucido e pragmatico osserva le dimensioni fuori scala, facendo un parallelismo con Oars. Tralasciamo per un attimo le catene – su questo tema apriremo un discorso a parte – per concentrarci sul confronto tra i due pirati, che non è casuale, ma porta con sé un significato ben preciso.
Se Luffy è l’avventuriero dal cuore puro e Nami la bussola morale del gruppo, Zoro va visto come l’ultimo baluardo. La scintilla che si erge tra la ciurma e qualsiasi forma di buio o minaccia. L’azione di cappello di paglia si fonda su un istinto primordiale, simile a quello che lo portò a difendere il negozio di animali per aiutare Shushu, o a cedere il suo tesoro (con l’iconica scena del cappello) a Nami, affrontando Arlong senza conoscere a fondo la vicenda, ma solo spinto dal dolore che provava la sua amica. Sapendo quanto la fama di Loki sia orribile, Zoro si preoccupa per la distruzione di Elbaph, ma non agisce solo per quelle notizie.
È un richiamo interiore che lo guida.
Qui subentra la differenza, Zoro è lo stesso che non permise a Usopp di tornare in ciurma, la figura a cui Luffy si rivolse quando piangeva per aver affrontato il cecchino, colui che disse a Chopper di tirare fuori il coraggio davanti alla ciurma di Foxy. Il guerriero disposto a rinunciare al proprio sogno pur di difendere Luffy da Kuma. Mentre il capitano (giustamente, intendiamoci) vuole aiutare e salvare una persona in piena necessità, lo spadaccino riflette lo stesso impulso nell’ottica degli amici vichinghi, ma in particolare verso la sua ciurma intenta a festeggiare, inerme, e al suo migliore amico e capitano che potrebbe trovarsi a fronteggiare una minaccia potenzialmente letale.
Cocciuto? Arrogante? Dispotico? Sì, sì, sì. È la sua natura, fredda e distaccata, forgiata da un ricordo che non ha mai smesso di tormentarlo. Il trauma di Kuina lo ha segnato in modo indelebile, impedendogli di concedersi mai il lusso di esternare le proprie emozioni in modo più sensibile, figuriamoci vulnerabile. Pur avendo un cuore protettivo, non esita a prendere decisioni dure. Il tutto è confermato dal suo approccio spietato, colpisce Loki senza esitare, realizzando che sangue e ferite sono reali. E cosa dice? Con distacco afferma che era il suo destino, parliamo di freddezza, non cinismo, poiché sono le stesse parole che rivolse a se stesso nel primo scontro con Kuma, tant’è che Luffy lo definisce inumano.
Arrivano comunque a una via di mezzo, liberarlo lasciandogli una gamba incatenata.
Infatti diventa più affabile, dice che appena il principe si sveglierà ci parleranno insieme, suggerisce Gerd come medico in quanto più vicina. Al che avviene uno scambio di battute interessante, Zoro osserva che, non appena i giganti sapranno, verranno banditi. E Luffy commenta più o meno in questo ordine di idee: ‘eh vabbè, chissene, non possiamo stare fermi e non fare niente‘. Molto semplicemente, reputano sia meglio fare una cosa giusta. Senza crucciarsi troppo.
E ora il piatto forte, Ragnir, le catene e Loki.
Partendo da martello, Oda sta dando al personaggio di Loki una nuova dimensione. Non avendo il termine originale giapponese è inutile azzardare una traduzione, ad ogni modo, in questa versione la scelta del nome richiama vagamente – e solo ‘idealmente’ – il Ragnarök, la fine del mondo, e a confermare l’ennesimo stravolgimento del mito, ricordiamoci che il martello è l’arma di Thor, non del fratellastro. Il sensei rielabora in chiave One Piece il personaggio che può ribaltare ogni equilibrio con una sola mossa. Ma come?
Ripley lo dice chiaramente: gli unici punti deboli di Elbaph sono il fuoco e il fulmine. Capiremo meglio se nel nome originale vedremo effettivamente i kanji di “tuono” o affini. Tuttavia, se è vero che il martello possiede un potere, qualcosa non torna. Il frutto rubato da Loki non è mai stato spiegato nei dettagli: chi lo ha ingerito, lui o l’arma? Se fosse quest’ultima a essere “fruttata”, perché Loki non dovrebbe riuscire a liberarsi dalle catene di agalmatolite? A meno che – e qui entriamo letteralmente nei voli pindarici – Oda non abbia completamente stravolto la natura di Mjöllnir. Nei film è sollevabile solo da Thor, ma nella mitologia classica sembra possa essere utilizzato anche da altri. Poniamo il caso che la sua natura sia stata distorta: se fosse la parte Zoan senza forze, potrebbe tenere Loki a terra con il suo peso (considerando l’incalcolabile massa di Mjöllnir).
Nell’interazione tra acqua marina e possessori, sappiamo che il potere non si perde del tutto: semplicemente, chi ha ingerito il frutto non ha la forza per utilizzarlo (ricordate Luffy ad Arlong Park? Era in acqua, ma riusciva comunque ad allungarsi perché gli tenevano la testa fuori dal mare). Tuttavia, anche se la parte “viva” non avesse le energie per rialzarsi, il principe, con la sua forza mostruosa non avrebbe comunque potuto distruggere l’agalmatolite?
Eccolo qui, il punto.
Dura come il diamante, virtualmente indistruttibile. Ragioniamo insieme: uno spadaccino del calibro di Zoro potrebbe tagliarla a mani nude? Assolutamente no. Allora bisogna considerare quanta forza ha in corpo Loki, in termini di stamina. Prendiamo ad esempio Luffy nel capitolo recente, colui che a Udon ha sviluppato una notevole resistenza al materiale marino. Regge l’enorme chiave senza sforzo, ma appena tocca le catene… è il peso stesso del metallo a farlo cadere all’indietro.
Non so se Ragnir abbia qualche potere legato al fulmine (Mjöllnir è storicamente associato al lampo, e c’è una differenza sostanziale), ma una cosa risulta interessante: ora che Loki brandisce Ragnir, potremmo davvero capire quanto sia dura l’agalmatolite. E sebbene sia vero che il minerale marino sta fiaccando Loki, bisogna considerare:
A. la potenza generata dalla rabbia accumulata per 14 anni.
B. il fatto che ha solo una gamba legata, mentre prima tutto il corpo era avvolto – si presume quindi che stia scorrendo molta più energia nel principe.
C. Zoro tagliò l’acciaio mentre non riusciva nemmeno a stare in piedi e perdeva sangue, quindi, si tratta più di una questione mentale che fisica.
Si potrebbe perfino sfiorare l’idea che tagli la gamba, ma è un’ipotesi remota. Visivamente, è più un lavoro da spada o ascia, con un martello non sarebbe troppo truculento? Per non parlare del fatto che sia Kyros e Shiki hanno già adottato questo colpo di scena. Se invece mi parlate dello sprezzo indotto dalla determinazione, beh… si, Loki ne è capace eccome.
Per quanto concerne le scelte del principe, Hajrudin dipinge per la prima volta un quadro completo e totalmente negativo, puntualizzando che la sua natura malvagia è tale da quando era bambino: dettaglio non da poco. Ci viene implicitamente suggerito coma la malvagità sia la sua più pura essenza, come se non avesse subito traumi.
O, almeno, è quello che ci viene proposto dalla narrazione attuale. Almeno uno dei giganti ha preso le parti di Loki? No. Qualcuno ha espresso parole di comprensione o pietà per lui? Nemmeno. Al contrario, Hajrudin, benvoluto da tutti, emerge come un vero eroe: la sua visione di unità, lontana dal classismo di Harald, risplende come un faro per il suo popolo. Un guerriero empatico, che incarna la nobiltà classica.
Oggettivamente il principe ha commesso dei crimini, ne sono tutti terrorizzati, magari Harald fu effettivamente raggirato, o forse parte dell’indole di Loki è a tutti gli effetti quella di un bastardo senza gloria, ma non conosciamo il contesto. E quello è tutto. A mandarci in confusione è che dovrebbe essere Hajrudin (per il trattamento riservato a lui e alla madre) ad essere imbestialito, non il fratellastro. Eppure non mi convince, avete mai visto Fred Claus – Un fratello sotto l’albero?, l’incipit è di una bellezza devastante:
‘Ah, povero Fred, quell’albero fu l’ultima goccia. Cominciò a non sopportare suo fratello, i suoi genitori, e perfino la sua stessa vita. E come molti bambini infelici, divenne arrabbiato… addirittura cattivo’
Contesto, mes amis, interi fiumi narrativi possono scorrere in un preciso contesto.
Detto questo, come sempre vi linko il video del Re, una analisi lì dove è difficile guardare, a metà strada tra la storia e lo sguardo tecnico. Con una chicca, ascoltate bene la parentesi su Ener, a voi!
E se foste interessati ad altre analisi su altri
manga, vi invito a visitare il mio canale…
https://www.youtube.com/@Cenere_SG
Koala
Spero di avervi intrattenuti, spinti a ragionare e riflettere.
C’è qualcosa di affascinante nel modo in cui il sarcasmo non si piega mai alle circostanze.
Personalmente, vedo in Loki un antieroe, e spero che le sue motivazioni siano nobili.
Il sorriso in chiusura di capitolo è una fotografia: condensa l’essenza più feroce e incrollabile del principe.
Le risate verso i Cavalieri di Dio mi colpirono, facendo riaffiorare il ricordo della piccola Koala che temeva persino di vivere, prima di divenire una splendida rivoluzionaria. In lui, invece, ho riconosciuto una resilienza spietata, il rifiuto totale di arrendersi.
Il sarcasmo, se usato come scudo contro ferite invisibili, è un linguaggio che nasce dalla vulnerabilità, una maschera per proteggere ciò che è fragile.
Carogna o meno, l’attitudine beffarda di Loki è quella di chi, consapevole della propria strada rifiuta ogni maschera, presentandosi in modo spietato, ma straordinariamente autentico.
È l’istantanea di una realtà cruda e sincera, che non chiede il permesso di esistere.
Godiamoci il viaggio, genti
‘Resto sordo, cieco, muto
Pure se mi prendi a botte in testa resto qui seduto
E rido‘– Colle der fomento, Solo Hardcore
Cenere