‘We find out what we’re made of
When we are called to help our friends in need‘– Bruno Mars, Count on me
Salve genti, nuova analisi, capitolo 1133: dereshishishi.
No, non sto piangendo, mi è solo entrato One Piece in un occhio. Oggi parliamo di un capitolo che si distingue nettamente. In termini pratici, offre spunti cruciali sul Governo Mondiale, tracciando un parallelo affascinante tra Ohara, Egghead ed Elbaph. Non manca di suggerire risvolti sociali e storici di non poco conto, nonché la prima teoria concreta su Loki, grazie alle parole di Gerd.
Il capitolo 1133 poi, incarna uno dei momenti più toccanti della saga: la riunione tra Robin e Saul. Rappresenta il culmine di un lungo processo di riconciliazione con il passato. Quando l’archeologa pone la sua domanda fatidica, si fa strada un tema centrale nella narrazione di Eiichiro Oda: l’amicizia come forza salvifica che permette di trovare in essa una risorsa per riscrivere se stessi. Ma, andiamo per gradi.
E’ il momento dell’Elzeviro…
Il frutto e la strada
Habemus il villain!
Sul serio? Holdem? Il primo passo verso la causa scatenante dei recenti guai si rivela quasi farsesco, kafkiano. Pare che il pirata covasse ancora rancore: ricordiamo bene che fu proprio lui a rapire O-Tama la prima volta (in presenza di Speed, peraltro). Ricostruiamo la scena. Yamato e le sue compagne erano intente a inseguire il ladro della katana di Yasuie, e finiscono in un’imboscata di Holdem. Speed è a terra bruciacchiata: Kamijiro, lo Smile del pirata, sputa fuoco come certo ricorderete. Yamato rimane attonita, colpita dall’improvvisa svolta degli eventi.
Ovviamente, nulla che la possa intimidire. Stiamo parlando della guerriera che ha affrontato Kaido, una delle poche in tutto One Piece capace di infondere il Re Conquistatore nelle proprie tecniche marziali, come Luffy e il padre. È come paragonare un cotton fioc a un’alabarda. Eppure, risulta difficile credere che un tipo come Holdem abbia orchestrato tutto da solo. Non dimentichiamo che non brilla certo per ingegno. Lui e Kamijiro litigano continuamente, infliggendosi danni fisici senza nemmeno preoccuparsi di condividere lo stesso corpo. Ricordate Scemo & più scemo? Ecco.
Due le ipotesi che emergono alla luce di questi eventi:
- La prima vede Holdem come parte di una sacca di resilienza, un gruppo di ex pirati di Kaido che pur avendo perso il loro capitano, non rinunciano a certi stili di vita. Questo spiegherebbe il rapimento delle ragazze del chiosco di soba (difatti, lui sta ‘rapendo’ Tama), ma non giustificherebbe né il sequestro di Minatomo né il furto della spada di Yasuie. Se queste circostanze fossero chiarite, avremmo un parallelo con il viaggio di Oden: Yamato che spazza via la criminalità come il samurai ripulì la selvaggia regione di Kuri.
- Oppure, Oda potrebbe voler confondere volutamente le acque, facendo della comparsa di Holdem un evento a sé stante. In effetti il pirata rapì Tama per il suo potenziale nell’addomesticare le belve feroci, e mostrò un temperamento particolarmente incline alla vendetta, come quando attaccò Luffy per aver distrutto la sua casa. Questo implica che il vero autore dei rapimenti e dei furti potrebbe essere qualcun altro (se avete letto i miei articoli precedenti, conoscete le mie ipotesi). Infine, nella vignetta Holdem appare da solo, l’incontro con Yamato sembra puramente casuale; il suo obiettivo era fin dal principio Tama.
Le attuali mini-avventure restano ancora di natura indefinita: si tratta di un semplice divertissement del sensei o di un contributo sostanziale alla trama orizzontale? Lo scopriremo, del resto, a un certo autore giapponese i depistaggi piacciono davvero tanto. Ne abbiamo mirabilmente l’esempio in questo capitolo: ci siamo tutti preoccupati per il collasso di Saul, arrivando addirittura a ipotizzare la mossa del villain di turno. Eppure ciò che sembrava una tragedia si è rivelato essere uno scherzo del gigante, frutto della sua timidezza.
Va ammesso: dopo i primi passi titubanti, segnati dalle scelte fuorvianti di un Otaku che spargeva follia su un cammino fatto di LEGO, il sensei emerge con la maestria di un narratore esperto, celebrando la quintessenza del suo manga. In un mondo dove la forza sembra essere l’unico valore che conta, One Piece ci ricorda che esistono poteri ben più sottili ma altrettanto determinanti: quelli che legano le persone tra loro, invisibili eppure capaci di forgiare il destino.
Robin, nell’abbracciare la sua resilienza non fa altro che raccogliere il frutto di una lunga strada fatta di solitudine, lotta e speranza. Chapeau.
Signore e signori: capitolo 1133…
Retrospettiva emotiva
‘Prima informati sui fatti, poi potrai distorcerli a tuo piacimento.’
– Mark Twain
Cinico e ripugnante. Esistono forse altri aggettivi adatti a Spandine?
Il capitolo inizia con un flashback che conosciamo molto bene, ma da una prospettiva diversa: quella sociale. La regia di Oda è un’esplorazione perfetta della paura infantile che si scontra con l’autorità. Di certo non fa meraviglia vedere Spandine come autore delle ‘rivelazioni’ su Robin, conosciamo tutti le sue azioni, la scena evidenzia come l’agente (nel suo ruolo di ufficiale di governo) abbia orchestrato la diffusione di queste bugie, complicando ulteriormente il già doloroso cammino di Robin. Le sue azioni si inseriscono nel contesto più ampio del legame con i Nobili Celesti, approfondiscono la comprensione del personaggio, come qualcuno completamente inserito nelle meccaniche autoritarie dei Gorosei. Teniamolo a mente d’ora in poi, poiché non è di certo l’unico, e la popolazione conosce al 90% solo fuffa.
La ragione della lealtà assoluta verso gli Astri non nasce da una sincera convinzione riguardo alla giustizia o alla moralità, ma da una cieca devozione all’istituzione privilegiata che gli consente di preservare il suo status. La corruzione autoalimenta la corruzione. Ergo reprimere sistematicamente i ricordi collettivi diventa uno strumento perfetto, riflettendoci: se un singolo agente può alterare così facilmente la memoria storica con una sola dichiarazione, cosa potrebbe aver fatto il governo con le D in 800 anni? Questa pianificazione meticolosa centra due obiettivi fondamentali:
- Spandine consiglia di non parlare più dell’incidente, alimentando così la paura di interessarsi al secolo vuoto, e insiste nel vietare assolutamente di parlarne ai bambini per… evitare traumi. Questa frase apparentemente innocente, mi fa venire la pelle d’oca. Mentre al popolo nel manga viene presentata una facciata umana e premurosa del governo, a noi lettori si apre una consapevolezza ben precisa. Non parlare dell’accaduto alle nuove generazioni significa svuotare ulteriormente la memoria comune, rafforzando il controllo capillare e manipolando la percezione storica. Così, le verità scomode vengono dimenticate, sostituite da una narrativa monitorata che riduce al minimo le possibilità di resistenza.
- La paura, in questo contesto, agisce come un carburante sociale che alimenta la reazione di ogni segmento della quotidianità. Viene mostrato lo sguardo duro e senza compromessi con cui la gente guarda Robin, una semplice vecchina la riconosce e la segnala subito. Logico: il primo ordine diffuso è avvicinarsi e non parlarle, va abbattuta a vista. Un’operazione comoda, perché se l’archeologa non ha nemmeno la possibilità di esprimersi, non sorgerà alcun dubbio. E infatti così è stato. Tra immagini che alternano le sofferenze e le privazioni di Robin, vediamo il comportamento generale: prima un gruppo di persone armate che la cerca attivamente per incassare la taglia, un chiaro riflesso della corruzione di cui sopra, con tanto di silhouette oscure e sorrisi maliziosi. Poi, un uomo comune che spera venga eliminata al più presto (e qui, non dimentichiamoci che stiamo parlando di una bambina; il sottotesto alienante è evidente). Ma soprattutto è l’immagine della donna con il neonato che lascia riflettere. Il governo ha trovato il modo più subdolo di rivoltare contro di lei il mondo intero: agire sull’istinto di protezione del nucleo familiare, un sentimento universale che può facilmente trasformarsi in un’arma contro chiunque. Perfino contro i più deboli.
Cosa cantavano i Linea 77?
‘Infondere paura come forma di controllo!’
Ecco a cosa serve la retrospettiva emotiva di un flashback già estremamente noto. È una forma di approfondimento che consente di rivelare nuovi dettagli che cambiano la percezione di ciò che è già accaduto, creando una sorta di secondo impatto emotivo.
Datemi pure del sentimentale, ma ho trovato sublime questa regia. La community ha poi risposto praticamente con un plauso unanime, evento piuttosto raro. E’ questa la forza di One Piece: unisce le persone. Poiché queste vignette risvegliano le emozioni provate anni fa, fanno riemergere cosa trasmette il personaggio dell’archeologa.
Cosa vediamo di lei, da sempre? La memoria di ciò che è accaduto, la memoria di ciò che si è perduto, la fuga da tutto, da tutti: da se stessa. La memoria è il suo motore, ma allo stesso tempo è ciò che le impedisce di vivere liberamente.
Il 1133 mette finalmente il punto in maniera ineccepibile all’Odissea di Robin. Il ricordo di sua madre è un filo invisibile che la tiene legata alla vita. Seppur breve, l’esperienza con lei è stata una parentesi di amore puro, un incontro che ha forgiato una scintilla di speranza. Nico Olvia le ha lasciato un testamento morale indelebile. E poi c’è Saul, il primo vero amico. La quintessenza del concetto che il passato non va dimenticato, ma non può pregiudicare il futuro. Con lui, Robin sperimenta per la prima volta un legame che non è alimentato dalla paura o dall’odio, ma dall’affetto e dall’umanità. Sono le sue parole a diventare una zattera a cui aggrapparsi nel mare in tempesta, e nel tempo, non solo la salveranno dalla morte fisica, ma soprattutto da quella emotiva.
La solitudine, la stessa che l’ha spinta a riflettere su un gesto estremo come unica via d’uscita, si dissolve nel ricordo dell’amore che ha ricevuto, e che, in fondo, è l’unica cosa che non le è mai stata tolta.
Eiichiro Oda è nato per scrivere shonen.
All in the family
‘Sii il vero amico del tuo amico
Restituisci dono per dono.
Ripaga la risata
con la risata, ma il tradimento… con il tradimento.’– Hávamál
Stavo per scegliere un’altra citazione, ma il riferimento al tradimento non si adattava alla scena. Poi ho pensato a Road. Inoltre, in questo paragrafo affrontiamo anche la teoria sul Principe maledetto.
Ovviamente, voltando pagina, qui c’è spazio solo per i sorrisi. La ciurma approda dall’arcobaleno alle nuvole, e dopo Skypiea questo non è certo una novità. Anzi, prendiamoci un momento per riflettere su questo passaggio. A Elbaph non si parla di tecnologia, ma di genio creativo, due concetti ben distinti. Sono Lilith e la cultura scandinava a dissipare ogni dubbio.
Il nome Sval evoca immediatamente freschezza e leggerezza, come una brezza nordica. La traslitterazione giapponese deriva da un nome norreno, ma si presta a interpretazioni poetiche, sottolineando l’eleganza che caratterizza questa nave. Non è solo un mezzo di trasporto, ma un simbolo di raffinatezza e ingegno creativo appunto, perfettamente in sintonia con lo spirito di Elbaph. Se consideriamo il nome come un rimando al freddo, potremmo immaginare che, nella cultura giapponese, assuma una sfumatura di ‘fresco’ o ‘leggero’. In poche parole? Le hanno semplicemente dato un nome cool.
Lilith chiude il cerchio più chiaramente, discute di una tecnologia legata alle nuvole utilizzata nel Warland, ma bisogna considerare il contesto: Elbaph, tradizionalmente, è nota per la sua assenza di artifizi moderni, fatta eccezione per quelli eventualmente introdotti da esterni. Lilith spiega che le nuvole in questione non hanno un’origine di elaborazione locale, ma che possiedono proprietà naturali che si prestano ad essere sfruttate da tecnologie avanzate (come quelle ideate da Vegapunk). Le nuvole di Skypiea, le bolle di Sabaody e gli Hover di Egghead funzionano grazie a condizioni climatiche precise. Queste peculiarità atmosferiche sono tutte presenti insieme in un unico luogo dal clima perfetto: Elbaph.
Tornando all’incipit, dopo il flashback vediamo Dorry urlare l’approdo e – finalmente – il ricongiungimento. Con la Sval arrivano Gerd, Goldberg, la Sunny e il resto della ciurma. Al molo non solo ci sono gli altri mugi e i giganti che conosciamo, ma anche parte della popolazione, che li accoglie esultante. Come accennato la settimana scorsa, non c’è traccia di ostilità. Tuttavia, questa assenza di conflitto è volutamente ambigua. Ogni arco della storia segue una struttura in cui i protagonisti incontrano nuove persone: alcune si uniscono alla loro causa, altre diventano nemici da sconfiggere. I villain, inoltre, non sono mai statici e prevedibili, ma caratterizzati da motivazioni e ruoli che li rendono unici. Il loro legame con il contesto della saga è cruciale per comprendere l’impatto narrativo.
Veniamo introdotti in un’atmosfera volutamente prudente, dominata dalla nostalgia, dove ogni dettaglio è sapientemente dosato. Tra l’entusiasmo incontenibile di Luffy e Usopp (con il capitano che riconosce addirittura per nome Hajrudin, invece del solito ‘hey! Tizio che ho pestato!’), la sintonia tra Lilith e Bonney, la profondità del rapporto tra Nami e Robin, e le risate generali, nulla fa presagire la promessa con Loki, il sovrano misterioso del regno, né le sinistre parole di Louis Arnote.
Soprattutto quando I Nuovi Pirati Guerrieri Giganti si presentano ufficialmente, e palesemente non menzionano Road (che mezzo demolito, legato e crocefisso, puntualizza comunque di essere il quinto membro), o quando Hajrudin fa di cuore i complimenti a Luffy per essere diventato Imperatore, elogiando le sue gesta, il capitano risponde secco di non volere sottoposti, e il gigante gli risponde con il più vichingo dei chissene.
Insomma, un quadretto idilliaco che attendevamo da tempo.
Proprio quando la ciurma è sul punto di festeggiare, Robin cattura l’attenzione di Luffy, trasformando la consueta atmosfera picaresca in qualcosa di inaspettatamente solenne. Necessita soffermermarsi sull’evento – già di per sé straordinario per il capitano – di rinunciare a un’abbuffata, e sulla sua risposta all’archeologa. Per una volta, Luffy agisce con la piena consapevolezza del suo ruolo di leader, è quantomeno notevole. Non si tratta della solita scusa per lanciarsi all’avventura: questa volta, visibilmente serio e notoriamente incapace di mentire, dimostra di ricordare perfettamente i racconti di Robin e riconosce come un dovere ringraziare chi ha protetto uno dei suoi compagni.
E non si pensi che la scena manchi di coerenza. Con Luffy, i grandi giri di parole e le infiorettature stilistiche sono superflui; la crescita esponenziale del personaggio si riflette in un’ottica semplice, istintiva. È un esempio di sviluppo intelligente e idoneo, capace di farti ridere e toccare contemporaneamente le corde giuste. Il capitano che si rifiuta di mangiare è una scelta che vale più di mille parole. Vivi gli insegnò a inginocchiarsi come compito di un leader, e a WKI, sarebbe morto di fame pur di aspettare Sanji. Certi messaggi vanno letti tra le righe.
La scelta di Luffy è il riflesso di una priorità ben chiara: la ciurma viene prima di tutto, anche della fame.
Se potessi esprimere un desiderio poi, la biblioteca menzionata da Gerd sarebbe il luogo perfetto per accendere le mie fantasie. Abbiamo visto Ivankov leggere il misterioso libro Genesi, che custodisce segreti sull’immortalità e sulla famiglia Nerona; la Bibbia di Kuma, ancora avvolta nel dubbio, potrebbe essere molto più di un semplice atlante dedicato alla ricerca della cura per Bonney, forse un testo contenente rivelazioni sul Culto del Sole. E non dimentichiamo Saul, custode dell’intero patrimonio di conoscenze di Ohara. Chissà… nelle mie speranze più recondite, lo ammetto, questo sarebbe il momento ideale per introdurre qualcosa di totalmente inedito e sbalorditivo, capace di ridefinire il corso della storia.
Questo incontro è preludio di nitroglicerina pura. Certo, sappiamo che la verità assoluta ha come meta Laughtale, ma ora il cerchio narrativo si stringe e Oda sta finalmente offrendo risposte che davvero stimolano la nostra curiosità. Diciamo… quel tanto che basta per farci scervellare e formulare teorie. La parentesi emotiva tra l’archeologa e il gigante è così centrale che merita un intero capitolo, e questo rende ancor più significativo il riferimento ai libri e, quindi, alla storia. Le parole di Gerd poi: ‘Il maestro vuole mostrarti la biblioteca, quindi mi ha chiesto di portarti alla scuola‘ fanno venire i brividi.
Per un attimo ho pensato: ‘Ok, ok, ma lui insegna la storia a tutti, non farti troppe aspettative‘. Però è anche vero che non tutti sono Nico Robin. Personalmente? Incrocio le dita.
Vi ricordo che questa sera ci sarà la Fatal, doppiaggio live del testo tradotto dal giapponese, teorie, elucubrazioni e dettagli conditi dalla tipica ironia del Bike, vi aspettiamo!
https://m.twitch.tv/bikeandraft?desktop-redirect=true
Il riferimento a Big Mom è una frase leggera, quasi di circostanza, un accenno che non sembra meritare molta attenzione. In realtà è uno spartiacque notevole, sia per il contesto sociale che per aprire la strada alla prima teoria plausibile sui segreti di Loki. Andiamo con ordine.
Nei precedenti articoli, ho menzionato più volte la mia curiosità riguardo all’accoglienza che i giganti avrebbero riservato alla ciurma, ma quello che vediamo in capitolo è un benvenuto dei più classici. Perché nel villaggio non ci sono solo sottoposti e vecchi amici, ma la popolazione che non li ha mai conosciuti di persona. Se volessi fare l’avvocato del diavolo, anzi, lo faccio, va sottolineato che questo trattamento è riservato ai protagonisti, non a un qualunque essere umano, quindi il peso delle azioni non è ancora generalmente comprensibile. È anche vero, però, che i reietti visti nell’inferno dei ghiacci sono dei condannati. Infatti Loki dice: ‘Quelle nullità? Sono dei vermi che hanno osato sfidare Elbaph‘. Quindi, non è ancora chiaro se si tratti della norma o di un trattamento di favore.
Successivamente Hajrudin pronuncia una frase singolare: afferma che la gente nel Warland sappia poco del mondo esterno. Questa osservazione, se fatta da chiunque altro potrebbe sembrare scontata, ma detto da un gigante – uno dei pochi ad aver viaggiato e conosciuto realtà al di fuori di Elbaph – assume tutt’altro peso (è il caso di dirlo). Il ricordo dell’esperienza con Big Mom è ancora fresco, e la vita nei villaggi si svolge tra la tradizione e il rispetto delle norme sancite. La storia la si apprende da Saul, figura vista come uno studioso. Probabilmente quando la notizia dell’affiliazione di Hajrudin alla ciurma si è diffusa, i mugi sono diventati veri e propri eroi locali. Con l’amicizia di Dorry e Brogy e, soprattutto, con la clamorosa vittoria su Lin Lin, la ciurma di Luffy è diventata praticamente una leggenda vivente, le Rock Star del Warland.
Ecco perché la strada per loro sembra ormai spianata, tra l’altro, nessuno ha ancora sollevato alcuna obiezione riguardo al fatto che la Sunny sia costruita con il legno di Adam (almeno, non ancora). Ma come ben sappiamo, Oda ha la rara capacità di ribaltare le situazioni in poche vignette. Considerando l’alto prestigio di cui godono i nostri beniamini, le ipotesi che delineano un potenziale villain al momento sono tre:
- Non conosciamo tutti gli strati sociali, né chi stia attualmente al comando e detenga il potere (re Harald è caduto, Loki prigioniero). Paragonando la popolazione del Warland a quella di One Piece, non si può escludere che qualcuno stia manovrando dietro le quinte. Oppure, considerando l’atteggiamento di Road, potrebbe esistere una frangia di giganti che imputa le colpe di Big Mom a tutti gli umani. Ragionandoci, Hajrudin era scatenato a Dressrosa, nel Colosseo sbraitava di supremazia (e parliamo di un guerriero onorevole, dedito a giuste cause). Da bambino, dopo l’omicidio di Jorl e la grazia concessa da Jarl, fu il primo a gridare: ‘Quanto in basso è caduto l’orgoglio di Elbaph!?’. Non tutti nel Warland hanno toccato con mano la nobiltà d’animo della ciurma. Ci serve quindi un quadro completo per comprendere davvero la situazione. Crocodile, del resto, non era forse ritenuto un eroe nazionale?
- Come abbiamo potuto constatare ad Egghead, invece la minaccia giungeva dall’esterno. Dopo una fase iniziale di prudenza, abbiamo assistito a una successione rapida di azioni da parte del governo: l’intenzione di attaccare immediatamente Wano, ostacolata solo dalla mancanza di informazioni certe; un assalto su larga scala ad Egghead, con la partecipazione diretta dei Gorosei; e le idee di Garling, che parlano da sole: ha persino messo in guardia gli Astri, preannunciando l’arrivo della più buia delle ere. A ciò si aggiungono il quarto RPG che interessa anche Teach, e la perdita della matriarca da parte della ciurma di Big Mom. Oda ha promesso una guerra finale capace di far impallidire Marineford, e prima o poi vedremo le avvisaglie che faranno da innesco.
- A volte basta mettere qualcosa in bella vista per nasconderla. Quindi pensiamo a Loki, che vuole ‘distruggere il mondo’. I villain potrebbero addirittura essere i Mugi, se dovessero mantenere la promessa con il trickster. Sebbene controverso, questo pensiero ha una logica interna piuttosto valida. Madam Shyarly temeva la visione di Luffy che distrugge Fish-Man Island, e non solo lei: tutti lo temevano, perché le sue previsioni hanno un margine di realizzazione del 100%. Il capitano è puro di cuore, ok, ma distruggerà comunque l’isola per aiutare il popolo e garantire l’integrazione degli Uomini-Pesce. È il Ragnarok: un ciclo eterno di rinascita. E in questa saga, potremmo averne due.
Arriviamo dunque alla prima teoria su Loki. Come può un patricida ricevere l’aiuto di Luffy? Come è stato possibile che un principe amato e rispettato si sia trasformato nella ‘vergogna di Elbaph’? Proviamo a delineare un’ipotesi.
Le parole di Gerd su Lin Lin non sono casuali: aprono uno spiraglio sulla figura enigmatica del Principe Maledetto. Per comprenderne appieno il significato, è utile tornare al capitolo 858, dove Chiffon racconta a Nami un dettaglio chiave: il nobile si innamorò di Lola al primo sguardo. Nonostante l’odio viscerale dei giganti verso Big Mom, quel matrimonio fu comunque organizzato, un gesto che suggerisce la straordinaria influenza di Loki e il rispetto che ancora godeva a corte.
Questo dettaglio implica che, fino a sei o sette anni prima, Elbaph non fosse in subbuglio. Anzi, il matrimonio politico indica una società stabile e un principe ancora amato e rispettato dal suo popolo. La fuga di Lola, però, segna una svolta: un gesto che ferisce l’orgoglio di Loki e avvia una spirale di eventi destinata a culminare nella sua caduta.
Per capire meglio, bisogna tornare al capitolo 866. In quegli eventi, Lin Lin, ancora bambina, distrugge irreparabilmente i legami di fiducia e onore per i quali vivono i giganti. Il suo attacco a Jorl, figura leggendaria e rispettata, rappresenta una macchia indelebile nella storia della popolazione intera. La sua brutalità infrange il credo più sacro dei giganti: ‘Il destino di un guerriero è deciso dal suo trapasso.’
Questo tradimento è centrale per comprendere la cultura del Warland di cui è imbevuto il principe. Nonostante l’odio verso Big Mom da parte del popolo, l’idea di onore e fedeltà agli accordi prevalse sulla vendetta cieca? Ricordiamo il punto più alto in cui si riflette il senso della promessa: fu Jarl a dare la sua parola, a patto che andasse via per sempre. È in questo contesto che Loki viene visto come una figura controversa: il suo amore per Lola rappresentava un tentativo di riconciliazione con il passato, ma la sua furia scatenata dopo la fuga della donna lo trasforma in un sovrano instabile e indubbiamente pericoloso. E di amore sincero si può parlare, visto che Chiffon è identica alla sorella, Loki si è invaghito di Lola come persona, del suo carattere, non dell’aspetto.
Quindi fu ferito nell’orgoglio e venne accecato dalla rabbia, inizio a credere il principe decise di voler dichiarare guerra per riscattare il proprio onore. Tuttavia, il popolo di Elbaph, fiero e orgoglioso, probabilmente rifiutò la sua visione estrema, preferendo mantenere la pace e rispettare i propri valori. Non versarono sangue per l’omicidio di Yorl, sarebbe stato giusto farlo per un matrimonio annullato? Questo contrasto tra il desiderio personale di Loki e la volontà collettiva della sua gente, lo condusse all’isolamento?
In preda alla disperazione, è ipotizzabile che Loki abbia preso una decisione estrema: uccidere suo padre per ottenere il controllo del potere proibito, il Frutto del Diavolo che lo trasformò nel guerriero più potente dell’isola. Questo atto segna la sua definitiva condanna. Le catene che lo legano a Yggdrasil non sono solo il riflesso del suo tradimento verso la sua stessa famiglia, ma anche il simbolo del suo distacco dai valori di onore e lealtà che definiscono la cultura dei giganti. Da qui il titolo ‘la vergogna di Elbaph‘.
La loro riluttanza a intraprendere una guerra, nonostante il tradimento e l’odio crescente nei confronti di Big Mom, potrebbe essere dovuta al desiderio di mantenere la parola data. La cultura dei Giganti potrebbe vedere la vendetta come un passo troppo estremo, cercando di evitare una guerra devastante che non farebbe altro che portare sofferenza al loro popolo. Ergo Loki potrebbe essere stato preso da una furia incontrollabile, in cui la frustrazione di non essere supportato dalla popolazione, dalla famiglia e dai suoi amici, rende ipotizzabile sia l’omicidio che il furto. Il che gli diede i mezzi per la vendetta, ma allo stesso tempo lo condannò al titolo di Principe Maledetto.
Sia chiaro che si tratta solo di un’ipotesi, nulla di più. Al momento tutto è il contrario di tutto. Non conosciamo nemmeno l’indole di Harald e quella del resto della popolazione.
Sarà che quando si parla di cultura norrena vado in sollucchero, ma sto amando questa saga. Oda ci declama una poesia selvaggia impressa su una superficie ruvida, evocata come uno spettro dal subconscio scandinavo.
Voglio vivere
‘La tua casa non è dove sei nato. Casa è dove cessano tutti i tuoi tentativi di fuga.’
– Nagib Mahfuz, Premio Nobel per la Letteratura
Ok, ci siamo. Prometto di non scivolare in facili sentimentalismi, ma sarà difficile scrivere senza emozioni. Concedetemelo, vecchi cuori.
Partiamo con una considerazione pratica, che spero possa aiutarvi a sviluppare una visione più critica verso i ‘troll’ di Oda. Questo manga non è un’equazione, non segue pattern e non è prevedibile. È una delle prime lezioni in un corso di scrittura creativa. Ve la faccio breve: se già in passato non si atteneva a un codice rigido, ora il sensei sta facendo letteralmente ciò che conviene alla trama, come dimostra la scena in cui Saul collassa, con reazioni credibili e giustificate. Ovviamente, qualcuno potrebbe – giustamente – obiettare: ‘Era prevedibile.’ Facile a dirsi con il senno di poi. In realtà, la scena non si può mettere in discussione, perché la reazione dell’assistente di Saul avviene fuori campo rispetto ai protagonisti, ed è destinata a noi, il pubblico. La rende lecita il farla recitare mentre non sono presenti i mugi.
Inoltre, il sensei può facilmente cavarsi d’impiccio aggiungendo una frase banale da parte dell’assistente: ‘Maestro, allora stavate fingendo!‘ Semplice e indolore. Nel frattempo, per noi sono trascorse tre settimane di stand-by che ci hanno fatto arrovellare. Insomma, tenete presente che per un professionista è sorprendentemente facile creare suspense e, soprattutto, gestirla retroattivamente.
Torniamo alla ciurma.
Robin che ride, intuendo che Saul stia facendo il pirla, è esattamente ciò che volevo vedere, soprattutto dopo il vuoto di Alabasta, la tristezza di Enies Lobby e la rabbia di Wano. Ho trovato magistrale la prospettiva di Saul, lo stupito che voleva stupire. Le prime due vignette sono poesia. Il gigante guarda la ragazza, ma vede invece la bambina di un tempo. L’impatto è duplice, perché subito emerge la serenità nei suoi occhi: la linea delle labbra – una semplice linea di china, con gli angoli rivolti in direzione opposta – crea finalmente un sorriso. Tutto questo è disegnato con la consapevolezza di alterare il monocromatico. La vignetta con la bambina è volutamente di un grigio più pastoso e intenso, un grigio che opprime. Quella con Robin adulta, invece, è illuminata dal sole di Elbaph. Le ho trovate… meravigliose.
Il bello della scena risiede nella naturalezza con cui i due riprendono a parlare, come se si fossero visti il giorno prima. E Saul apre le danze. Il paragone harrypottiano con gli occhi di Nico Olvia calza perfettamente; è lo stesso sguardo determinato che abbiamo visto decine di volte in Robin. In tono pratico, il gigante corregge per noi il tiro su due punti cruciali. Le ‘voci’ che finalmente sono state udite, grazie al messaggio di Vegapunk, non erano altro che le memorie, i desideri e la volontà degli studiosi di Ohara. Le stesse ‘del passato’ che spinsero Clover nella sua impresa incredibile. La voce dei senza voce, di coloro a cui il silenzio viene imposto, con la forza o con l’inganno (ricordate Spandine all’inizio del capitolo?). Questa frase – come vi anticipai nel capitolo con Vegapunk e Clover – dovrebbe mettere fine all’astrusa teoria secondo cui lo studioso sarebbe riuscito a ‘sentire il passato’. Deo gratias.
In secondo luogo, chiarisce il punto di vista su Vegapunk, ed è esattamente quello che abbiamo sempre percepito: ‘non ha cercato di fare lezioni sul bene e sul male, ma ha comunque rischiato la vita per informare le persone‘. Non può esistere concetto migliore per sintetizzare la linea morale grigia di Stella.
Ed eccoci alle famigerate cicatrici. Ne ho parlato in diversi articoli, ma forse mi leggete per la prima volta. Sì, quelle sono cicatrici da fuoco. Ho già scritto più volte che le ferite da congelamento o assideramento richiamano visivamente delle ustioni. Cosa penso vedendole su Saul? Credo che siano una ‘aringa rossa’ di Oda, una falsa pista. Se il gigante fosse davvero sceso in mare, avrebbe cercato Robin, sicuro come l’oro.
Procediamo sempre per logica: ora Saul detiene l’eredità di Ohara, protetto dal suo popolo. Sa che Robin ha intrapreso la sua guerra personale contro il Governo Mondiale, una battaglia che non coinvolge solo l’Imperatore che sta sconvolgendo il mondo, ma anche gli amici che lei ha finalmente trovato, e che le augurò di incontrare con tutto il cuore. Porta sulle spalle la responsabilità di mantenere viva la memoria di Ohara, affinché il sacrificio di chi ha dato la vita per la giustizia, e soprattutto per Robin, non sia stato vano. Inoltre prova sicuramente l’istinto di proteggere il suo popolo, evitando che la guerra arrivi fino a loro.
Allora, perché dovrebbe viaggiare su una nave nera, vistosa e immensa, rischiando di essere tracciato dalla Marina e dal Governo? La famigerata imbarcazione è descritta da Lafitte, ma noi abbiamo visto le navi dei giganti: solo la Sval possiede dimensioni titaniche rispetto alla Sunny. Invece Lafitte parla di una nave comune, a parte il colore.
Se Saul avesse preso il largo, lo ripeto: avrebbe cercato Robin. Cosa che non pare sia successa, a meno che non sia lui a dircelo, ma lo ritengo improbabile. Tra l’altro, si stupisce della propria resilienza, di essere sopravvissuto. Qui, Aokiji ci cova. Come il vecchio amico ha sempre monitorato l’archeologa, e nel momento decisivo non lo uccise. Non ho dubbio alcuno che ora sia realmente un pirata, ma, come disse a Smoker: ‘Sono sempre io‘. Prevedo scelte drastiche per Kuzan. Che personaggio complesso e affascinante!
Il tanto atteso incontro tra Robin e Saul segna un momento di profonda liberazione emotiva per la nostra archeologa, ma anche una riflessione sul suo lungo percorso di crescita. Dopo aver vissuto un’infanzia segnata dal dolore, dall’abbandono e dalla solitudine, il capitolo offre finalmente a Robin il riconoscimento che aveva cercato – e meritava – da anni: non solo la sopravvivenza, ma una sorta di riscatto. La sua domanda, ‘Puoi lodarmi per essere sopravvissuta così a lungo?‘, racchiude una vita intera di lotta per trovare un motivo per andare avanti. Il culmine di un cammino lungo 22 anni.
Desidero scrivere in modo conciso cosa penso della scena finale.
Saul, che ha rischiato la vita per salvarla, rappresenta la figura paterna che Robin ha sempre desiderato, e la sua sopravvivenza è il simbolo di quella speranza che, nonostante tutto, è riuscita a farsi strada nel cuore dell’archeologa. In un momento in cui la ciurma dei Mugiwara si unisce al suo dolore, si percepisce un senso di comunità che dà a Robin quella famiglia che non ha mai avuto.
Come si fa a non essere romantici, con One Piece?
Solitamente vi posto il video del Re, essendo appena rientrato dal Giappone è ancora il blind totale, ma oggi sarà live appositamente alle 16.00!
E se foste interessati a ulteriori mie analisi su altri
manga, vi invito a visitare il mio canale…
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Il valore che conta
Spero di avervi intrattenuti, spinti a riflettere e ragionare.
Non credo potesse esistere addio migliore al flashback di Robin, il demone di Ohara, la bambina sovversiva che non voleva arrendersi.
Infante prodigio, portatrice di una taglia inaccettabile, la sua vita è stata un costante atto di sopravvivenza, una fuga perpetua che l’ha costretta a crescere troppo in fretta, senza mai concedersi il lusso dell’infanzia. La sua persecuzione ci ricorda quella di chi porta il peso del mondo su spalle troppo piccole, in balia della solitudine.
Ma soprattutto, ci ricorda che la centralità dell’amicizia in questo manga è più di un semplice tema narrativo: è un principio filosofico che permea l’intera opera, definendo il modo in cui Eiichiro Oda vede il mondo e le relazioni umane. In un universo vasto e inquieto, fatto di pirati, marine, rivoluzioni e grandi conflitti, il messaggio dell’amicizia assume un valore straordinario, quasi sovversivo.
Godiamoci il viaggio, genti
‘If you ever find yourself stuck in the middle of the sea
I’ll sail the world to find you
If you ever find yourself lost in the dark and you can’t see
I’ll be the light to guide you‘– Bruno Mars, Count on me
Cenere