One Piece 1127: feels pre timeskip; Heimdall e Freya reference; il falso Nika?

da Stefano 'Cenere' Potì
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Abbiamo qualcosa che somigli a un piano?’

– Ahmad ibn Fadlan, Il 13º guerriero

Salve genti, nuova analisi, capitolo 1127: divinità in fricassea.

Il nuovo atto si apre con una scena surreale, quasi onirica, ma decisamente comica. Oda, come solo lui sa fare, intreccia sapientemente il racconto d’avventura con elementi fiabeschi e ludici. Il coniglio gigante (il Dio Orecchiuto) sembra essere un richiamo ironico a Heimdall. La trasformazione del gatto gigante in leone evoca il fantastico del Gatto con gli Stivali, ma la capacità di mutare forma richiama l’astuzia di Loki. Nella mitologia norrena poi, con eleganza e sottigliezza, i gatti erano sacri alla dea Freyja.

Ci piace? Si, ci piace.

L’albero Yggdrasil, centro nevralgico della mitologia vichinga, è il simbolo di connessione tra mondi, quasi a richiamare le radici dell’universo stesso che Oda sta espandendo. La scelta di un castello fatto di blocchi LEGO sovverte le aspettative: in un contesto di giganti e battaglie epiche, la fragilità e l’assurdità di questo scenario pongono l’accento sul labile confine tra gioco e realtà, ordine e caos.

Si… caos.
I mugi sono lì da dieci minuti, eppure hanno già commesso sacrilegio.
Allacciamo le cinture.

E’ il momento dell’Elzeviro

Creare un istante

Avete presente gli standard degli anni ’90 di alcuni film, come Animal House? In questi casi, le immagini dei personaggi sono spesso accompagnate da una voce fuori campo o didascalie che rivelano cosa sia successo loro dopo gli eventi principali.
Ecco ciò che accade nelle attuali mini-avventure.

Freud sosteneva che le opere d’arte riflettono i desideri, le paure e i conflitti interiori dell’artista. Insomma, guardando un quadro è inutile farsi sovrastare dalle interpretazioni più pesanti e analitiche.

Ergo, possiamo dire apertamente che non ci sono particolari novità riguardo ai rapimenti; tuttavia, le autorità sono a conoscenza della situazione e desiderano comprendere cosa stia accadendo. Nessun dettaglio nuovo, nessun piano d’azione. Le mini-avventure di Yamato possiedono dunque molteplici valenze: evidenziano il tema del cibo, ormai una presenza costante in ogni vignetta, il cui significato è uno solo, a Wano finalmente non sussiste il problema del cibo (se desiderate un’analisi più dettagliata, la troverete nel mio articolo precedente); introducono la sottotrama che funge da filo conduttore per le vicende; ed esplicano la crescita personale di Yamato, così come quella dei protagonisti di Wano.

Osservando la spiaggia alle spalle dei due, emerge chiaramente quanto Oda ami gli epiloghi a lieto fine. C’è un che di poetico nel vedere Inuarashi, daimyo di un territorio che lo accolse da sconosciuto, subito sottoposto a pregiudizi. Il punto sta proprio nell’averlo fatto investire di tale carica, mentre Nekomamushi è ai vertici della Yakuza.

Inuarashi, il re del giorno, è sempre stato un leader serio e responsabile, baluardo per il suo popolo. La disciplina e il pragmatismo lo rendono un simbolo di stabilità in un mondo di incertezze. La sua dedizione al dovere si traduce in un comportamento apparentemente severo, riflettendo le pressioni che derivano dal mantenere l’ordine in tempi tumultuosi. Un personaggio che rappresenta la saggezza di prendere decisioni difficili.

Dall’altro lato, Nekomamushi incarna l’impulsività e la distanza da un sistema istituzionale, un vero spirito libero che ama l’avventura. La propensione a vivere nel momento presente, seguendo comunque un codice d’onore, offre un’interpretazione alternativa di cosa significhi essere un leader.

Questa dualità tra i personaggi non è solo una questione di carattere, ma riflette un tema più ampio nel futuro di Wano: la necessità di equilibrio. I due, pur avendo approcci opposti, si completano a vicenda; Inuarashi si affida alla stabilità di Nekomamushi per ricordarsi di abbracciare la vita, mentre Nekomamushi trae forza dalla determinazione di Inuarashi, creando così una sinergia dinamica.

Siamo noi lettori (me per primo) a cercare il risvolto definitivo, l’immediato significato di una semplice mini-avventura; nel frattempo, rischiamo di perdere ciò che abbiamo davanti. Il gatto e il cane si sono integrati nella società dei samurai, tanto da godere di piena fiducia e svolgere ruoli significativi. Solo a pensare a come furono bastonati sulla spiaggia di Kuri, non posso fare a meno di sorridere. In sostanza, gli ideali di Oden hanno già attecchito; il mezzo espressivo preferito di Oda è la creazione dell’istante. Personalmente, voglio godermeli tutti.

Ventisette anni dopo, il sogno di Oda non è invecchiato per niente.
In qualche modo, nonostante tutto il peso analitico che Freud ha attribuito al quadro, appare sempre fresco, innocente e incantevole ogni volta che lo si guarda.

Signore e signori: cap. 1127…

Anche ad Asgard mangiano fagioli

Un uomo potrà sempre dirsi ricco se qualcuno un giorno scriverà la storia delle sue gesta, affinché vengano ricordate. Quest’uomo potrà sicuramente dirsi ricco.’

– Buliwyf, Il 13º guerriero

Oggi tutte le citazioni faranno riferimento a un certo film meraviglioso. Questo capitolo incarna perfettamente lo spirito dell’avventura, e l’ho apprezzato immensamente.

La ciurma è separata come da copione: Robin, Franky, Brook e Jinbe sono a bordo della nave di Dorry e Brogy, mentre il resto dell’equipaggio è già sbarcato.
Ma dov’è Chopper?
Per evitare voli pindarici lontani dalla verità o insofferenza dovuta alla mancanza di ipotesi, usiamo la logica. In cosa si distingue il medico dai suoi nakama? Anzitutto è un animale, un esperto di medicina, e le sue corna non sono certo estranee alla cultura vichinga (fun fact: in realtà, gli elmi con corna erano rarissimi). Escludendo l’ipotesi di un doppio rapimento – un po’ troppo astruso direi – chiunque abbia architettato la faccenda, potrebbe aver fatto una scelta diversa per Chopper.

Considerando la sua natura animale, e tenendo ben presente che Oda usa mitologia e leggende del nostro mondo a suo piacimento (l’elenco dei casi è lungo), Chopper è nello specifico una renna, quindi i miti sono più circoscritti. Ma ricordate una cosa, queste sono speculazioni allo stato brado, è chiaro sia presente un elemento esterno di trama, quindi ci possono stare delle ipotesi fantasy.

Nella mitologia norrena, animali come cervi, alci e renne ricoprivano un ruolo di grande rilievo simbolico, anche se non erano venerati come divinità. Il cervo rosso, per esempio, era strettamente associato a Yggdrasil, ed era visto come emblema di rigenerazione, vita e legame tra i mondi. Di quattro cervi  Dáinn, Dvalinn, Duneyrr e Duraþrór – si narra che mordicchiassero i rami di Yggdrasil, rappresentando forse cicli naturali o forze cosmiche come le stagioni e gli elementi​.

Qui, qualcuno potrebbe giustamente osservare: ‘Sì, ma Chopperino è una renna.‘ Certo, ma non viene spesso scambiato per un tanuki? E se questa apparente incongruenza sembra una motivazione insufficiente, ai cittadini di Elbaf interesserà ben poco se assomiglia di più a una renna piuttosto che a un cervo, essendo quest’ultimo una creatura che evoca i loro miti.
In quanto medico e, soprattutto grazie alle sue trasformazioni, Chopper può apparire come uno sciamano; e in aggiunta, parla come un essere umano.
Ergo vi fornisco altre informazioni interessanti.

Eikþyrnir, il mitico cervo del Valhalla, è una figura chiave nella mitologia nordica. Dimora nella grande sala dei guerrieri caduti, dove bruca le foglie di Yggdrasil (una vera moda, a quanto pare). Dalle sue corna scorre acqua, un elisir vitale che alimenta i fiumi e nutre la terra. Nel mito, Eikþyrnir non è solo un simbolo di vita; rappresenta la connessione profonda tra il ciclo naturale e l’esistenza stessa, diventando fonte di energia per tutto il cosmo. Già vedo il delirio nel paragone: acqua elisir vitale = la famigerata panacea di Chopper.

L’alce, invece, veniva percepita come una creatura maestosa e quasi sovrannaturale. Nei territori della Norvegia, era simbolo di saggezza e profondità spirituale, collegata al mistero e alla scoperta interiore​. Sebbene non ci fosse una divinità specificamente legata a questi animali, essi erano strettamente intrecciati al mondo spirituale e naturale della cultura norrena.

Niente trucchi, niente effetti speciali. Solo pura fantasia. Se Oda vuole inserire Chopper nel contesto di Elbaf, le possibilità sono infinite. Chissà quale sarà l’esito: potrebbe trattarsi di una semplice parentesi comica, magari è semplicemente intontito sulla Sunny o sulla nave dei giganti, oppure – per disavventure parallele – il medico è responsabile dell’incendio nella prima scena.
E questo ci porta a Yggdrasil.

Yggdrasil è l’immenso albero cosmico della mitologia norrena, che collega i nove mondi e sostiene l’intero universo. Le sue radici affondano nei reami della morte, mentre i suoi rami si estendono fino ai cieli degli dèi, simboleggiando l’interconnessione tra vita, morte e destino.
Una definizione essenziale, senza bisogno di perdersi in dettagli. Dopotutto, parliamo di un mito ormai parte integrante nella cultura di massa, reperibile in abbondanza con pochi clic su internet.

Quel che dobbiamo capire è come funziona in One Piece.

I nove mondi legati a Yggdrasil nella mitologia norrena rappresentano l’intera cosmologia dell’universo. Essi si trovano tra i rami e le radici dell’albero cosmico, ognuno con caratteristiche specifiche. Ovviamente, non può collegare nove mondi, né tantomeno nove continenti, altrimenti lo sapremmo (in teoria). Pertanto, l’ipotesi plausibile è che colleghi nove zone del Warland. Tuttavia, rimane pur sempre un albero; seguendo il mito, per collegare le diverse aree queste dovrebbero trovarsi sui rami, rendendolo così realmente immenso. Inoltre la prospettiva è chiara: la cittadina si trova al di sotto. Pertanto, per amore dell’ipotesi, dovrebbe dividere alcuni regni in quelli inferiori e altri superiori. Tra i rami e le radici, per l’appunto.

Credo sia una questione di semplice prospettiva.
In linea con la mitologia norrena, il Warland potrebbe essere suddiviso in nove regni distinti, ognuno dei quali rappresenta un aspetto diverso della cultura e del mondo dei giganti.
Questi regni potrebbero essere disposti intorno a Yggdrasil, con l’albero che funge da punto centrale, simbolico di connessione tra di essi.

Come vi ricordavo la scorsa settimana, Saul stesso esprime una netta differenza con il modo di vivere della gente di Elbaf.

Sorge un parallelo con Heimdall, lecito se si considerano due punti inalienabili: A. oltre a Loki, non ci sono stati altri personaggi con nomi diretti di divinità norrene, come Thor, Odino o Freya; B. Oda utilizza il mito esclusivamente come strumento per arricchire la propria narrazione, basti pensare ai cambiamenti apportati alla storia dell’Ame no Habakiri.
Procediamo.
Heimdall, il guardiano del ponte Bifrost nella mitologia norrena, è un dio dall’udito e dalla vista acutissimi, capace di percepire il rumore di una foglia che cade. Protettore degli dèi e degli uomini, è destinato a suonare il suo corno, Gjallarhorn, per annunciare l’arrivo del Ragnarök, il destino finale del mondo. Ergo non può essere il coniglio.
Però Heimdall incarna la vigilanza eterna e il confine tra ordine e caos. L’enorme coniglio noto come ‘dio orecchiuto‘ potrebbe richiamare l’idea di una creatura che ascolta e osserva, questo si.
Heimdall, come dicevamo, ha la capacità di vedere e ascoltare a grandi distanze. Suggerendo che il coniglio funge da guardiano di eventi imminenti.
Non dimentichiamo poi il tono leggero di One Piece. Anche se si può fare un riferimento a figure mitologiche, l’intento potrebbe essere quello di giocare con i concetti e fare un tantinello di ironia slapstik.
Insomma, un riferimento a Heimdall può starci, ma è importante considerare anche il contesto comico e parodistico in cui piace sguazzare al sensei.

Ragioniamo un momento: questo capitolo è pura avventura, scanzonata e fine a se stessa.
Infatti… erano anni che non mi addivertivo così (cit).
Il mito scandinavo qui non è esattamente quello del nostro mondo, ma piuttosto la cosmogonia creata dal mangaka. Permettetemi una breve parentesi.

Vi propongo un esempio, e spero un regalo: se amate il fantasy, recuperate L’incantatore incompleto, scritto dai maestri assoluti L. Sprague de Camp e Fletcher Pratt, parte della saga Il Castello d’acciaio. Harold Shea, uno psicologo, utilizza la ‘logica simbolica’ per trasferirsi nelle mitologie classiche e vivere avventure. Nella prima storia si ritrova nel mito norreno e il primo personaggio che incontra è Odino, travestito da viandante, che lo scorterà in una locanda dove farà la conoscenza di Thor, Loki e di Heimdall, il quale lo prenderà in forte simpatia. Tutto ciò avviene a pochi giorni dal Ragnarok (quante risate!).

Amate il fantasy? Acquistatelo, fidatevi di me. Questa parentesi serve a ricordarci che non esistono limiti alla fantasia, soprattutto con Oda.

Così, piroettando tra l’astratto e il tangibile, ci troviamo dinanzi al catalizzatore narrativo di questa scena, la presenza sull’isola di una divinità solare. In capitolo viene usato il termine taiyoshin. A quanto pare esiste già chi ricopre quel ruolo, e se i giganti affermano di doverla informare… significa che riescono a comunicarci. Anzitutto, i kanji con i quali solitamente ci si riferisce a Nika sono diversi, approfondiamo.

La differenza tra i termini giapponesi taiyoshin (太陽神) e taiyo no kami (太陽の神) riguarda le sfumature del significato, sebbene entrambi si riferiscano alla divinità del sole.

Taiyoshin: È una parola composta che significa letteralmente ‘dio del sole’ o ‘divinità solare’. Qui, taiyo significa sole, e shin significa dio o divinità. L’unione di questi due elementi crea un termine specifico, usato per riferirsi direttamente a una divinità del sole in modo formale o mitologico.

Taiyo no kami: Questo termine è una locuzione più descrittiva che si traduce come ‘dio del sole’ o ‘dio del [nostro] sole’, dove no è una particella possessiva equivalente all’inglese of o all’italiano del, e kami significa dio o divinità. L’uso della particella rende il termine più flessibile, permettendo anche una sfumatura più ampia, tipo ‘il dio che rappresenta il sole’.

In merito a questo ragionamento, vi ricordo la Fatal, con il doppiaggio del testo tradotto e adattato. Teorie, supposizioni e analisi del capitolo live questa sera alle 21:00, vi aspettiamo!

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Elbaf si propone come un crocevia di credenze, dove il mito e la realtà si intrecciano. Se i giganti venerano una divinità solare, si pone la domanda se questa sia in competizione con Luffy come vettore di Nika. La loro venerazione potrebbe aprire a conflitti di fede, o un’unione di intenti? Quali sono le possibilità?

  • Qualcuno che non dispone del frutto di Nika, potrebbe anche esserci un impostore tradizionale che i giganti venerano da millenni. Magari è una vecchia divinità in pensione che si sveglia solo quando il cielo diventa troppo nuvoloso. Forse è l’equivalente gigante di un dio del barbecue che ama stare sotto il sole mentre cuoce costine mitologiche sopra un fuoco sacro. Un redivivo mago di Oz che abbaglia tutti con qualche effetto speciale.
  • E se ci fosse qualcuno deciso a preservare la pace? Storicamente i giganti sono stati una forza dirompente della natura, creature la cui potenza era ambita perfino da Lin Lin. Tuttavia, pochissimi di loro si avventurano fuori dalla loro isola. Gli stessi Pirati Guerrieri Giganti di Dorry e Brogy si sono riformati solo di recente. L’unico modo per fermarli sarebbe un ordine divino, ed è per questo che, non appena scoppiano disordini, corrono al cospetto del ‘Dio’. Se il Governo Mondiale si vede come un pantheon moderno di divinità, è naturale che a Elbaf qualcuno voglia mantenere la propria gente lontana da ciò che percepisce come una guerra inevitabile e distruttiva. Una scelta esistenziale. Tuttavia, questo porterebbe inevitabilmente a uno scontro ideologico con Luffy: preservare la pace può sembrare un atto di saggezza, ma potrebbe essere visto anche come un tradimento delle radici guerriere e della forza stessa dei giganti.
  • O forse, finalmente emergerà un collegamento significativo con i Buccaneer. In fondo, l’etimologia del termine ‘taiyoshin’ fa riferimento alla personificazione del Sole, non a un vero e proprio Dio del Sole. Essere e apparire sono due concetti distinti. Nello Shintoismo, l’imperatore del Giappone, fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale era considerato un discendente diretto della dea Amaterasu, la divinità solare. In quel contesto, l’imperatore non era solo visto come rappresentante del divino, ma come una figura divina a tutti gli effetti. Nella teologia cattolica medievale, durante il periodo della plenitudo potestatis, il papa era considerato il vicario di Cristo in terra, il rappresentante di Dio. Analogamente, nella cultura azteca, il Tlatoani, l’imperatore, era il tramite tra il suo popolo e Huitzilopochtli, il dio della guerra e del sole. Inoltre, Dorry, Brogi e tutti gli altri giganti non hanno esitato un istante a riconoscere Luffy come Nika: ma nessuno ha sollevato dubbi o sospetti verso un impostore ad Elbaf. Capite – quale che sia la verità – perché Oda stavolta ha troncato la panoramica post-saga? Doveva evitare ogni tipo di discorso anticipato. E qui entrano in gioco i Buccaneer: il Culto del Sole esiste, loro ne sono i custodi e i sacerdoti (guarda caso, Kuma è della partita stavolta). Il loro sangue è legato ai giganti e cela un segreto. Chi meglio di loro potrebbe trasmettere questo culto?

A Elbaf ci attende una nuova realtà, ma questa volta è diverso. Oda può continuare a diluire, centellinare o girarci intorno, ma nel contesto attuale ogni rivelazione che riceveremo sarà incredibile. Pensate alla malinconia di quel momento in cui Kuma separò la ciurma: ora ci troviamo nella terra dei giganti, con Orso direttamente coinvolto. Fatico a realizzarlo, l’entusiasmo è alle stelle.

Nel frattempo, tra ricci giganti, gatti coronati e illusioni causate da fumi di assenzio, la confusione è servita. Siamo pronti per questa nuova saga tra vichinghi e divinità?

Forse sì, o forse ci serve un altro bicchierino di assenzio per capirci davvero qualcosa.

Il coraggio della paura

‘Il grande padre ha misurato il gomitolo della tua vita tanto tempo fa. Va a nasconderti in un buco se vuoi. Ma non vivrai un solo istante di più. Il tuo destino è segnato.
La paura all’uomo non frutta niente.

– Herger, Il 13º guerriero

Questo paragrafo ha un intento ben specifico: parlare di Nami e, soprattutto, di Usopp. La saga è appena iniziata e ho letto alcune trite lamentele nei loro confronti. È tempo di analizzare l’evoluzione del personaggio e identificare le aspettative su di lui. Dalla saga di Little Garden abbiamo atteso questo momento; il suo percorso si intreccia indissolubilmente con Elbaf. Se Usopp deve affrontare la sua vera essenza, è ora o mai più.

Il nostro nasone è già un coraggioso guerriero dei mari, ma senza credere in se stessi, tutto diventa vano. Il suo comportamento parla chiaro: Usopp ha paura. Ma non è la paura dei codardi. Ad Alabasta, pur evitando lo scontro diretto con Mr. 4 e Mrs. Merry Christmas, quando insultano il sogno di Luffy si rialza come un vero badass, sguardo che fonde l’acciaio a venti metri, e inizia a combattere. A Wano, quando Tama viene attaccata, si allontana d’istinto per poi gettarsi nella mischia. A Dressrosa abbandona i Tontatta con vergogna, ma torna a difenderli. Lo stesso accade nel villaggio di Nami: prima inganna, poi affronta Pciù. Un codardo fugge senza guardarsi indietro, Usopp no. Fugge, sì, senza vergogna, ma non se la vita di qualcun altro è in pericolo. Questo rivela la sua vera profondità.

Usopp accetta di essere etichettato come vigliacco, incassa gli insulti, ma non tollera l’ingiustizia verso gli altri. E, amici miei, questo è il vero coraggio.

La pantomima di Usopp e Nami che fuggono di fronte al pericolo è un elemento narrativo naturale, una preparazione per l’ingresso in una saga più profonda. Ci aspettavamo forse che, appena toccato il suolo di Elbaf, il nasone si trasformasse in Gatsu di Berserk? No, il sensei deve accentuare la natura pavida di Usopp, proprio ora che siamo nel Warland, un luogo intriso di una cultura che venera la forza e il destino. Qui, ogni guerriero accoglie la propria fine con onore, vedendola come parte di un ciclo naturale. E mentre Usopp si confronta con questo mondo, notiamo il parallelo tra Sanji e Zoro: attraverso le saghe, fino al climax di Wano, i due hanno condiviso momenti di pura fratellanza. Eppure, hanno forse smesso di litigare o insultarsi? Mai.

E non dimentichiamo Nami, la bussola morale della ciurma, probabilmente il personaggio con l’evoluzione più coerente e completa. Diventata una furia per combattere al fianco di Vivi, ha ceduto alla collera per difendere Tama, rischiato la vita per gridare infaccia a Ulti che Luffy sarà il Re dei Pirati. Con la giusta motivazione, Nami si trasforma, quasi come Naruto quando abbracciava la forza primordiale di Kurama.

Non scrivo questo paragrafo per avere ragione, non mi interessa affatto averla. Tuttavia, noto – proprio ora che siamo nella saga tanto attesa – che alcuni continuano a lamentarsi degli atteggiamenti dei personaggi citati. Forse, mettendo a fuoco il ruolo del nostro cecchino, posso calmare le acque e invitare tutti a un po’ di pazienza per godersi davvero la trama. Chi mi conosce sa bene quanto io ami il personaggio di Zoro, e nonostante sia un trauma ambulante (la fascia al braccio come lutto inconscio per Kuina, il rifiuto di aprirsi a chiunque), è costantemente – e giustamente – glorificato. Ma il mio compito è riflettere e spingere voi a fare altrettanto. Non scrivere spinto semplicemente dai miei gusti personali.

Quindi delineo la mia visione di Usopp, sarà utile (spero) per chiunque nutra ancora dubbi sul personaggio.

Usopp, sin dal suo ingresso nella ciurma, non è mai apparso come l’eroe tradizionale, anzi, incarna perfettamente l’antieroe. Ossia l’eroe imperfetto.
La sua natura lo rende costantemente inadeguato rispetto al contesto: non è un guerriero come Zoro, non è un genio strategico come Nami, non ha un corpo che sfida le leggi della fisica come Luffy o Sanji. Eppure, tra un’esitazione e l’altra, è riuscito a costruire qualcosa che va oltre la retorica della forza fisica o del coraggio cieco. Il suo sogno, svelato come una confessione quasi infantile, è meno una pretesa di eroismo e più un grido contro la propria inadeguatezza. Vuole essere coraggioso, ma non lo è. Vuole essere un guerriero, ma manca delle capacità per esserlo. Il vero cuore di questo sogno, però, risiede proprio nel diverso tra ciò che Usopp è e ciò che desidera diventare.

La bugia è una forma di esorcismo. Mentire sulle sue imprese incredibili non è solo un modo per impressionare gli altri, ma soprattutto una strategia per sopravvivere alle sue insicurezze. Dietro ogni racconto c’è una parte di lui che vuole credere in quelle stesse storie. Le sue fandonie diventano la strada per avvicinarsi, seppur in modo tortuoso, alla realizzazione del sogno. Questo aspetto ci riporta alla dimensione più fragile del personaggio, una dimensione che ci riguarda tutti: chi non ha mai avuto paura di fallire, di non essere all’altezza delle proprie aspirazioni? Usopp mente per sentirsi più forte, ma dietro ogni bugia si cela l’esigenza sincera di superare i propri limiti.

Un episodio emblema del suo carattere è la battaglia contro Luffy a Water 7. Non si tratta solo di un momento di scontro fisico, ma di un vero confronto psicologico: Usopp sa di essere destinato alla sconfitta. Eppure combatte, non per vincere, ma per affermare la sua dignità, la sua presenza. È una battaglia che non riguarda solo la nave Going Merry , ma l’identità all’interno della ciurma. Nel momento in cui affronta Luffy, mostra il paradosso più grande del suo personaggio: la sua forza risiede proprio nella consapevolezza della sua debolezza.

E poi arriva Dressrosa. Qui, in un gioco grottesco del destino, Usopp viene venerato come un dio, un’ironica apoteosi che chiude il cerchio delle sue menzogne. La maschera di ‘God Usopp’ non è solo una farsa, ma la prova che, a volte, anche le illusioni possono trasformarsi in realtà.

È il sogno di chi sa che il coraggio non è qualcosa che si possiede, ma qualcosa che si costruisce, passo dopo passo, caduta dopo caduta. Usopp non è solo un eroe nascosto sotto il mantello del bugiardo. In un mondo di giganti, uomini di gomma e poteri sovrannaturali, rimane l’unico che, pur non avendo nulla di straordinario, continua a sognare in grande. E forse, proprio per questo, è il più straordinario di tutti.

Spero che a Elbaf la sua trasformazione da straniero a guerriero non sarà solo un processo di integrazione, ma una lenta decostruzione delle proprie incertezze. Il vero coraggio non è l’assenza di paura, ma la capacità di affrontarla.

Oh, non avevo mai scritto il quadro completo sul nasone, e spero possa essere utile per chi nutre scetticismo.

Ma non fermiamoci qui, perché Elbaf, la terra dei giganti, non può certo fare le cose in piccolo.

Miele e acciaio

Ahmad: non posso berlo, che sia frutto della fermentazione del frumento, o dell’uva

Herger ghigna

Ahamad: perché ridi?

Herger (ridendo forte): è… è idromele… è fatto con il miele!

– Il 13º guerriero

Il LEGO non me lo sarei mai aspettato.

Non so sinceramente come interpretare questa informazione, perché faccio ancora fatica a collegare l’immagine di alcuni dei guerrieri più feroci e nobili di One Piece con un sistema di costruzione modulare. Accidenti, sto iniziando a parlare come Sheldon Cooper… anyway, non credo sia solo un dettaglio decorativo. Sia il castello che domina la cittadina, sia la città stessa, sono realizzati con quel materiale. Nami lo sottolinea chiaramente, parlando di quanto sconnesso sia il pavimento (evidentemente non ha mai visitato Roma).

Il castello è già strano di per se, non un quadro, non un mobile, una scrivania o uno scaffale, una libreria o un’pera d’arte. E’ un castello o una cuccia regale? Perché quel gatto indossa una corona?

L’immagine dell’orco sfidato dal gatto con gli stivali per ottenere il suo castello torna in mente, con l’orco che si trasforma in leone e poi in topo, mentre il gatto si appropria del castello. Questo richiama immediatamente la figura di Loki, emblematica e complessa. Nel manga incarna un’ambivalenza palpabile, oscillando tra rancore e gentilezza. Nonostante il suo status di principe, offre un semplice fiore a Laura, rivelando una natura benevola. Tuttavia, la figlia di Big Mom, pur avendo un cuore d’oro non corrisponde ai canoni di bellezza tradizionali, suggerendo che il gigante sia una persona trasparente e cordiale. Egli manifesta il proprio dissenso, intuendo l’inganno di aver sostituito Chiffon con Laura. Ma la sua reazione è dettata dall’amore per Laura, o piuttosto dall’alterigia di un nobile che non tollera di essere deriso?

Questo rientra nella visione classica norrena, perché Loki non è semplicemente il trickster, ma un personaggio intriso di conflitti e contraddizioni. Nato dai giganti ma cresciuto tra gli dèi, il suo status liminale lo posiziona in un continuo stato di ambiguità. Questa posizione di estraneo – nel mito classico – lo spinge a cercare approvazione e appartenenza, ma al contempo lo porta a sabotare le stesse relazioni che cerca di costruire. Quando Loki inganna o provoca il caos, non lo fa solo per malevolenza, ma per esprimere una frustrazione esistenziale.

In quasi tutti i racconti su di lui, gli appellativi che gli attribuiscono gli altri dei oscillano tra rispetto e insulti velati. Tuttavia, il paragone con il gatto termina qui. L’animale ritorna alla sua forma originaria dopo la triplice batosta inflitta dal Monster Trio; se fosse stato un Loki capriccioso, avrebbe riassunto immediatamente la sua forma base. Inoltre, nella cultura nordica, l’unico (vago) riferimento ai gatti proviene da Freya, che lasciava il suo castello a bordo di un lucente carro trainato da due felini. Anche Freya emerge come un simbolo di ambivalenza: l’amore e la libertà, il desiderio e l’autonomia si intrecciano nel suo carattere, rivelando una narrazione complessa. Va inoltre notato che i rapporti con Loki erano pessimi; lui la definiva, come dire, una dea dai facili costumi.

Si presenta la possibilità di altre divinità norrene? Ma Loki è un principe, non un Dio. Magari è possibile inserire questa informazione nel precedente discorso: nove mondi che in One Piece corrispondono a nove regni.

Loki è il principe di Elbaf, non del Warland.

Ora come ora possiamo solo dire che la corona che porta il gatto è sinonimo di regalità. E se così fosse:

  • I Mugiwara sono finiti in uno dei regni dove a governare sono gli animali? Ne dubito: un re infuriato avrebbe preteso spiegazioni o, quantomeno, avrebbe proferito qualche parola. O forse sarebbe stato diverso con la presenza di Chopper, che parla l’idioma animale?
  • Magari il gatto appartiene a qualcuno, a una persona sufficientemente importante da regalargli una cuccia-castello e una corona. Questa ipotesi è avvalorata dal fatto che non si sia vista anima viva da nessuna parte, mentre nei corridoi passeggia tranquillamente un riccio. Così, ridendo e scherzando (eh, ridendo e sterminando!—cit.), i Mugiwara stanno mangiando divinità e massacrando animali domestici. Oh, che inizio vivace!

Insomma, questo capitolo ha riportato in auge emozioni che non provavo da tempo. L’entrata in scena dei tre è meravigliosa, ma mettiamo da parte la marzialità per ora: è la presentazione che conta.

Luffy aspetta Elbaf da anni; vive per l’avventura ed è visibilmente entusiasta del nuovo outfit tamarro, ma sfoggia l’intelligenza di un comodino: spera che il gatto sia buono da mangiare. Zoro sembra uscito da Vinland Saga, in un luogo dove il modo di brandire la spada è la cifra stilistica del rispetto: si sentirà a casa. Inoltre, prende in mano la situazione, sapendo bene che se aspettiamo Luffy stiamo freschi. Sanji mi è piaciuto davvero tanto: parlando di ingredienti di qualità, mi è subito venuto in mente Toriko, e non solo.

Esiste una bevanda alcolica fermentata a base di miele e acqua, risalente a tempi antichi e particolarmente apprezzata dai Vichinghi. Considerata una bevanda della convivialità, veniva servita durante feste e rituali, rappresentando abbondanza e comunità. La sua importanza culturale la collegava anche a miti e leggende, rendendola simbolo di celebrazione e di legame con il divino. L’idromele.

Non vedo l’ora di vedere il cuoco alle prese con la cucina dei giganti; soprattutto, spero che sia lui a preparare dell’idromele, che spesso, per tradizione, veniva bevuto in un corno. Dopotutto, l’inizio della saga presenta tutti gli elementi che presagiscono un conflitto tra la ciurma e i giganti. Una bella bevuta potrebbe sancire un legame profondo. Perché, alla fine, ci deve pur essere un villain di saga, ? Qui si intrecciano elementi discordanti: da un lato, i sacrilegi commessi dalla ciurma, uniti al fatto che qualcuno li aspettasse da tempo e li abbia rapiti; dall’altro, il loro passato con Big Mom e la garanzia di alcuni pezzi da novanta tra i giganti.

La prima cosa da capire è l’identità dei rapitori, che forse sperano appunto che siano incolpati di qualcosa, non sono stati reclusi o minacciati, ma vestiti secondo i canoni del luogo e lasciati liberi… di fare danni.

Ergo, i Mugiwara sono lì da pochi minuti e hanno già compromesso i rapporti con i giganti. Se consideriamo che Dorry e Brogi si sono pestati per un secolo su questioni dimenticate, dubito fortemente che inviteranno a prendere il tè chi ha appena servito in fricassea un Dio che vigilava sulla tranquillità.
Siamo pronti per il canto dei Nibelunghi.

Vi lascio il video del Re: analisi certosina e ironia sopraffina, as always. Non perdetevi poi la teoria sul potere di Loki; qualità pura!

Mattoni gialli

Spero di avervi intrattenuti, spinti a ragionare e riflettere.

Elbaf è cominciata, nakama.

In un contesto così ricco e variegato, la narrativa del sensei – come Yggdrasil – diventa un ponte tra mondi, un mezzo per esprimere emozioni che vanno oltre le parole. Sebbene la saga possa apparire evanescente ora, nel momento giusto le parole prenderanno vita e daranno significato a ciò che è attualmente inafferrabile.

Se ne Il Mago di Oz i mattoni gialli guidano verso la verità e il cuore della storia, in One Piece il LEGO funge da percorso che conduce noi lettori e i Mugiwara verso Elbaf. La teatralità, unita a una punteggiatura drammatica e a un’ironia sottile, rende qualsiasi iperbole quasi insignificante.

Godiamoci il viaggio, genti

Buliwyf: Sai anche disegnare i suoni?

Ahmed Ibn Fahdlan: Disegnare i suoni? Sì, so disegnare i suoni. E li so anche riportare alla vita.

Buliwyf: Mostrami.

Cenere

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