One Piece 1124: l’avvoltoio e la Regina; Kizaru vs Kizaru; festa mesta

da Stefano 'Cenere' Potì
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Turn me on, take me for a hard ride
Burn me out, leave me on the other side
I yell and tell it that it’s not my friend

– RHCP, Other Side

Salve genti, nuova analisi, capitolo 1124: Diario di un killer sentimentale.

Non è mai facile ricominciare da zero.
Premetto subito che il capitolo corrente mi è piaciuto, e molto anche. Offre elementi eccellenti e una narrazione persino migliore. Dopo alcune sbavature a Egghead (struttura pesante, simbolismi occulti, scivoloni fantascientifici), Oda ritrova confidenza con la materia che meglio riesce a plasmare: lo shonen. E lo fa ricordandoci che un racconto è destinato alla deriva senza il senso della storia, del ritmo, del personaggio.

Il capitolo 1124 è un segnalibro dai bordi etici.

In qualsiasi dimensione – fisica, mentale, spirituale – un personaggio raggiunge una dirompente efficacia quando, essendo anomalo e inclassificabile, esterna talvolta squarci di crudeltà (Morgans); traccia arabeschi sfumati fra dramma e ironia, tra amarezza e sorriso (Lilith); dimostra finalmente il peso specifico della sua anima (Kizaru).
Basta seguire le briciole di inchiostro (titolo di una rubrica che sto creando apposta per voi).

E’ il momento dell’Elzeviro

Balla con gli Oni

La mini-avventura corrente è la quintessenza di Yamato.

Il rapimento sventato è uno stratagemma narrativo tanto interessante quanto astuto. ‘Yamato’ non è solo una parola; è il cuore pulsante della tradizione giapponese, un simbolo di ciò che il Giappone è stato, è e aspira a essere.
Evoca immagini di antiche dinastie, montagne sacre, il cuore di un paese che ha saputo fondere tradizione e modernità. Il significato? Non ce n’è uno solo.

Per comprendere, è necessario immergersi nelle nebbie del passato, quando ‘Yamato’ designava una specifica regione del Giappone antico, corrispondente all’attuale prefettura di Nara. In questo angolo del paese si concentrava il potere politico e culturale, in un’epoca in cui il Giappone stava ancora forgiando la sua identità nazionale. In merito a quest’ultima, il riferimento all’attuale Wano è evidente. Non sorprende, quindi, che in queste mini-avventure appaiano bambini che confondono amici e nemici, o loschi figuri associati alla pratica del rapimento.

Esisteva un luogo teatro di ogni crimine possibile, il Kuri di almeno trent’anni prima, dove un solo uomo pose fine a quel regime scellerato.
Guarda caso il mentore spirituale della guerriera che intraprendere il medesimo viaggio: Oden Kozuki.

Difatti…

Il termine ‘Yamato’ è spesso interpretato come ‘grande pace’ o ‘grande armonia’, riflettendo l’ideale di un luogo di ordine, unità e coesione sociale. Tuttavia, questa interpretazione non esaurisce la ricchezza del nome. In un senso più ampio, può essere tradotto come ‘grande paese’, un’espressione poetica che incarna la grandezza della terra del Sol Levante, o, in questo caso, l’unità nazionale che Wano non ha mai realmente raggiunto.

Oltre alla connotazione geografica e storica, la parola ‘Yamato’ ha assunto una valenza simbolica ancora più profonda nel corso dei secoli. Non è solo un nome, ma un’idea, una filosofia che incarna lo spirito stesso del Giappone. Il concetto di ‘Yamato-damashii’ (大和魂), che si traduce come ‘spirito giapponese’, rappresenta l’essenza della cultura e del carattere nipponico. Riflette valori come il coraggio, la lealtà e l’integrità morale, qualità che hanno definito tanto il temperamento della figlia di Kaido quanto quello di Oden.

E che Oda ha voluto imprimere profondamente nella saga più centrata sul Giappone di tutto One Piece.

In questo melting pot culturale, ricordiamo che la guerriera possiede l’Inu Inu no Mi – modello Ōkami, ispirato alla divinità lupo della mitologia giapponese, spesso associata al dio delle montagne, Ōyamatsumi.
Questa divinità è particolarmente venerata nei contesti montani. I lupi erano considerati suoi messaggeri o incarnazioni della sua potenza. L’associazione con le montagne e la natura selvaggia riflette l’idea che i lupi, protettori dei boschi e delle montagne, siano manifestazioni della divinità o sotto la sua protezione. Tipo Luffy, vettore attuale di Nika.

Oda non solo respinge con forza l’idea che le colpe dei padri ricadano sui figli (Yamato spezza il ciclo del pregiudizio nel rito della condivisione di un pasto), ma eleva la guerriera a reale protettrice degli abitanti e feticcio anti-inquinamento (ricordiamo le sevizie ambientali inflitte da Kaido e Orochi, cosa inammissibile per uno spirito protettore della natura), scelto dal fato. Questo, almeno, secondo l’ipotesi che i frutti del Diavolo abbiano una volontà propria e scelgano realmente chi considerano affine.

Qual è, dunque, la forza motrice che spinge Yamato nel suo viaggio? La conoscenza, unita all’istinto del samurai. La guerriera non è solo impensierita e disgustata dopo l’accaduto, la vediamo risoluta. Forse ci siamo dimenticati della sua potenza distruttiva? Ha affrontato Kaido — e sebbene lui non combattesse al massimo delle sue capacità, lei è riuscita a tenergli testa. Ha appreso l’arte del combattimento direttamente dal padre, possiede uno Zoan mitologico e padroneggia il Re Conquistatore, dimostrandosi una delle poche al mondo in grado di infonderlo nelle tecniche marziali. In sostanza, questa dolce fanciulla gronda forza a secchiate; l’unico ‘errore’ ereditato dal padre è stato… l’aver imparato alla perfezione l’arte della guerra.

La via che percorre al momento porta a Kuri, dove – con tutta probabilità – spianerà le costole a tutti i farabutti presenti come fece Oden.

Dall’inizio della mini-avventura, la guerriera è chiaramente felice in ogni singola vignetta, dopo un’esistenza solitaria si sta integrando nella società. Yamato sta solo ora scoprendo il significato profondo di un gesto gentile, come condividere un pasto tra amici, e della realtà da cui Wano sta cercando di risollevarsi. Oltre ad affezionarsi alle persone, sta imparando a conoscere e amare tradizioni, cultura e usanze (ricordate l’incontro con Nekomamushi e Hyogoro?), elementi che prima le erano estranei. Quale che sia il futuro delle mini-avventure, ho trovato un grande piacere nel ricordare un film che è, per molti versi, la versione nipponica di Balla coi Lupi. In particolare, nella frase più semplice ed emozionante che un guerriero possa pronunciare:

Higen: Perché devi combattere?

Nathan: Perché vengono a distruggere… quel che ho imparato ad amare

– L’ultimo Samurai

E scusate se è poco.

Signore e signori: cap.1124….

Destroy the Dancefloor

‘La fatina verde che vive nell’assenzio… vuole la vostra anima’

– Dracula di Bram Stoker

Sapete cosa trovo davvero divertente? Che, viste le attuali circostanze e la minaccia globale incombente, il Reverie si è rivelato pressoché inutile. Anyway

A volte, pur di non rinunciare alle proprie convinzioni, si scelgono di ignorare fatti evidenti.

Come ricorderete, ho sempre difeso strenuamente Morgans; il personaggio mi affascina profondamente. Ammiro il suo spirito indomabile, la sua resistenza a piegarsi al Governo Mondiale pubblicando foto e articoli che hanno subìto pesanti censure. In me rimane viva la speranza che il pennuto nasconda un’origine legata al passato, un aspetto intrigante che sarebbe avvalorato dalla sua costante scelta di rimanere in forma Zoan.

Sia chiaro, sono perfettamente consapevole del suo ruolo di doppiogiochista, del suo talento come sobillatore e del suo egoismo. Tuttavia, mi piace sperare che un giorno possa svelare una motivazione più profonda. Il Morgans di oggi, però, sembra screditare questa possibilità, e devo ammettere che mi dispiace. Come recensore, è mio dovere mantenere un approccio equidistante e pratico, senza lasciarmi influenzare dai gusti personali. Pertanto, non mi cimenterò in giustificazioni per un comportamento che, a questo punto, sembra piuttosto megalomane.

Quello che osserviamo oggi (e se in futuro le sue azioni dovessero trovare giustificazione, tanto di cappello; altrimenti, il personaggio resta comunque affascinante nella sua degenerazione) rappresenta il lato più becero e privo di scrupoli della comunicazione. Quando un giornalista, che sia presentatore, conduttore o redattore, si lascia guidare da motivazioni personali o perde il senso dell’equità, sedotto dallo Specchio delle Vanità (che si tratti di televisione, di una testata giornalistica, o di un rotocalco prezzolato che si spaccia per fonte di informazione), generalmente va tutto a catafascio.

In questo contesto, Morgans mostra il peggio di sé, comportandosi come un Arlecchino anarchico. La sua esaltazione (avete presente un bambino la mattina di Natale?) non accenna minimamente a riconoscere il suo comportamento vile; anzi, se ne compiace. Piaccia o meno, il personaggio è delineato in modo impeccabile.

Il primo intento del giornalista è fungere da amplificatore per il messaggio di Vegapunk; non ha alcuna intenzione di sensibilizzare il popolo o di ostacolare il governo. Il suo scopo è semplicemente attirare l’attenzione su di sé e saturare il mercato con le sue pubblicazioni. Peccato che si trovi a fronteggiare il suo anticristo personale: Vivi. Una giovane che già a sei anni dava lezioni di classe a Wapol, una nobile che ha segretamente preso su di sé il destino del popolo, e una principessa che ha dimostrato un acciaio straordinario nel suo carattere di fronte a un pirata del calibro di Crocodile.

La strategia di Morgans è realmente ignobile, e purtroppo tristemente riflette molte realtà contemporanee. La sua tattica è bieca e cinica: amplificare il lato oscuro delle rivelazioni di Stella per assicurarsi che i lettori restino incollati alle pagine del giornale. Come ben sappiamo, il messaggio frammentario ha già posizionato i pirati nella peggiore delle situazioni, mentre il governo, pur essendo il vero marcio come rivelato nel capitolo precedente, mantiene un’immagine quasi immacolata e distaccata dai fatti (Roger e i suoi pirati erano a conoscenza, ma non agirono!). Quando Vivi lo rimprovera, evidenziando i lati positivi delle rivelazioni, Morgans non solo ignora il suo punto di vista, ma intensifica il suo delirio: A) dichiarando che non c’è spazio per lei sul palcoscenico; B) minacciandola di rivelare la sua posizione. A questo punto, è inevitabile pensare al Giacomino del Trio.

‘Ma allora sei bassstardo!’

Peccato che di fronte a lui ci sia una ragazza rivestita in adamantio.

Vivi non solo sostiene lo sguardo di Morgans con una determinazione incrollabile (e, vi confesso, l’adoro per questo), ma inizia a denigrarlo apertamente, facendogli chiaramente capire che lo considera spaventoso quanto una scatola piena di gattini batuffolosi. Poi pronuncia una frase di grande rilievo che invita alla riflessione: afferma che la gente è abbastanza intelligente da non farsi ingannare da un ciarlatano affabulatore. E credo che abbia ragione in parte. Dalla lunga e dettagliata panoramica esterna durante la trasmissione, possiamo osservare che le reazioni del pubblico sono state varie: dal panico e sbigottimento alla pura derisione.

Sicuramente, l’opinione pubblica non penderà tutta su un solo piatto della bilancia; la panoramica è solo un’anteprima. Sarà interessante osservare le reazioni dei cittadini e, soprattutto, dei nobili—coloro che governano interi paesi e detengono potere politico ed economico. La stranezza del momento è che, sebbene il Reverie sia avvenuto da poco, si dovrebbe fare nuovamente da capo, se si pensa alla minaccia globale attuale. Tuttavia abbiamo a che fare con un terzetto in particolare, e Wapol si conferma il solito codardo arrivista. È chiaro che se Oda ha scelto di disegnare la sua conoscenza di Imu, un motivo c’è.

Qui assistiamo a quello che in gergo si definisce un salto interpretativo: la conversazione non è semplicemente tra Morgans e Vivi, ma tra un giornalista e una regina. Il conflitto va oltre le ideologie e si estenderà su scala globale. Ricordiamo che il Reverie è una conferenza mondiale che si tiene ogni quattro anni nella sede del Governo Mondiale a MJ e dura sette giorni. I sovrani partecipanti sono selezionati secondo criteri misteriosi e si riuniscono per discutere questioni di rilevanza globale. La presidenza della riunione è affidata a uno di loro, scelto a rotazione. Durante il Reverie, i nobili mondiali esercitano la loro influenza, e le discussioni tra i capi di stato possono generare tensioni, e in casi estremi, potenzialmente portare a conflitti diplomatici o guerre.

Ora, siamo nell’ottica in cui ogni reggente dovrà prendere decisioni, non solamente Vivi e Wapol, facendo mente locale, conosciamo ben pochi sovrani:

  • Ban Dedessinée (Frauce)
  • Beer VI (Roshwan)
  • Cezar (Irsha)
  • Chap (Deul)
  • Couran (Cameron)
  • Dorton (Drum)
  • Elizabello (Prodence)
  • Furrari (Nagagutsu)
  • Ham Burger (Ballywood)
  • Iwatobi (Whiteland)
  • Jeep (Minami Fire)
  • Lemoncheese (Bestland)
  • Mari (Chaco)
  • Morollon (Tajine)
  • Moqueca (Samba)
  • Nashi (Ringo)
  • Nefertari Cobra (Alabasta)
  • Neggy (Gingaball)
  • Nettuno (Regno degli uomini-pesce)
  • Potaufeu
  • Ramen (Paese dei fiori)
  • Riku Dold III (Dressrosa)
  • Samosa
  • Sauce (Jambalaya)
  • Seki (Lulucia)
  • Stelly (Goa)
  • Stroganoff (Beef)
  • Tacos (Shishano)
  • Tea IV (Eigis)
  • Wapol (Black Drum)

Ancora meno note sono le caratteristiche distintive di questi personaggi. Vi sono quelli apertamente ebbri di potere e al contempo codardi, come Stelly, e quelli che si mostrano aperti e gioviali, come Morollon. Alcuni, pur essendo propensi al dialogo, sono estremamente determinati come Ham Burger, mentre altri restano praticamente sconosciuti, come Iwatobi. Alcuni sono deceduti, come Cobra e Seki di Lulusia, mentre altri si distinguono per la loro bontà, come Dorton ed Elizabello.

Il tema centrale è la reazione e lo schieramento, perciò è prevedibile che si verifichi un giro di vite a favore della persecuzione dei pirati, con un’indagine su Lulusia già avviata da Prodence. Gli elementi che possono veramente destabilizzare gli animi e condurre a misure drastiche sono: A) la manifestazione del potere ancestrale, poiché finché non si verificheranno ulteriori attacchi, le acque rimarranno calme; B) la rivelazione pubblica del Nuvosoft, la tecnologia che Stella tentava disperatamente di salvare, l’unica capace di contrastare efficacemente la minaccia di inondazione.

Se il risvolto di Kizaru è profondamente introspettivo, queste vignette hanno un significato fortemente geopolitico. Oda non ha inserito vignette comiche per mero divertimento autoriale. Sta, invece, mettendo in prospettiva l’ago della bilancia di un summit politico che bilancerà forze e schieramenti.

Anche perché Morgans sta davvero esagerando, ridendo della possibile inondazione, dato che la sua dimora è il cielo da sempre, alimentando addirittura smanie di potere. Il discorso si trasforma rapidamente in una pantomima, quando il giornalista assume un tono mellifluo, enfatizzando i privilegi della sua posizione mentre Vivi risponde con freddezza, se non con orrore, all’idea di sopravvivere in solitudine accanto a un essere così cinico. A questo punto viene svelata un’altra parte della scaletta di Morgans: è intenzione concentrarsi sugli Imperatori e sulle Supernova, e, come ciliegina sulla torta, annunciare la pubblica accusa di Luffy come terrorista e assassino.

Quello che le corone decideranno è completamente imprevedibile al momento, ma una cosa è certa: si scatenerà presto una vera e propria caccia alle streghe contro i pirati.

E’ vero diamine, ne ferisce più la penna che la spada.

Dissonanza cognitiva

‘Il cuore di un uomo è fatto di un terreno più duro, Louis… Un uomo ci coltiva quello che può… e ne ha cura’

– Stephen King, Pet Sematary

Kizaru è perso.

Perso tra lo stato d’animo che ha spinto Koby ad abbracciare la convinzione di dover fermare Luffy e il torpore emotivo che Garp ha sperimentato a Marineford, una parte di me è sinceramente sia euforica che triste. Se siete lettori abituali dei miei articoli, ricorderete che sono stato tra i primi a sperare in una crisi di coscienza per Borsalino e, più in generale, in una scissione tra Governo e Marina. Ma non è così semplice, non questa volta.

So bene che la sequenza del marine ha nettamente diviso l’opinione generale, quindi analizzerò il tutto con scrupolosità, mi conoscete ormai.

Usatemi la cortesia di ricordare anzitutto questi due elementi:

  • Non conosciamo i presupposti che hanno guidato le scelte degli ammiragli, né il motivo per cui abbiano deciso di entrare in Marina, né quali siano stati i fattori che hanno sviluppato la loro tenacia fino a raggiungere posizioni di così alto rilievo nella gerarchia. I meme sono divertenti e sicuramente offrono una dose di svago, ma quando si analizza una storia è necessario metterli da parte. Nella creazione di contenuti, è possibile essere comici, ma esiste sempre un limite alla reductio ad absurdum. Pertanto, non possiamo fare a meno di considerare che, senza una comprensione chiara delle motivazioni di Kizaru, risulta complesso comprendere appieno le sue ragioni.
  • Ci muoviamo nelle tenebre più fitte anche per quanto riguarda il grado di conoscenza a disposizione di un ammiraglio e, in particolare, di un Grande Ammiraglio. Questa circostanza è stata analizzata con grande dettaglio nei miei articoli precedenti. E credetemi, tale conoscenza è assolutamente fondamentale.

Fatto questo disclaimer, possiamo affrontare l’argomento con serenità. Kizaru è un ignavo? Un demagogo che si nasconde dietro vuoti sofismi? Sta forse cercando di farsi passare per vittima? Assolutamente no. Volete sapere la spiegazione incontrovertibile?

Un ipocrita cerca un pubblico davanti a cui mettersi a piangere e giustificarsi.

Kizaru non cerca di intavolare un discorso con più persone per giustificare le proprie azioni; non cerca disperatamente consenso o assoluzione, magari mettendo nella luce migliore le sue scelte (questa è la definizione di falsità). Al contrario, il marine si confida fino a perdere le staffe con un’unica persona, un interlocutore con cui condivide un patto di fratellanza che antepone il servizio alla patria e al popolo. Kizaru ammette immediatamente i crimini di cui si è macchiato, non cercando approvazione, ma attaccando apertamente se stesso.

Non fa altro che esprimere un’autocritica spietata e sincera, un confronto duro con la propria coscienza. Una risposta emotiva caustica, violenta.

Posso capire, ma non condividere come teoria, che qualcuno possa liquidare le sue lacrime come ipocrisia, una simulazione di dolore priva di vera sostanza. Ma ciò che spesso sfugge è la profondità del tormento interiore di chi ha compiuto un tale atto, soprattutto quando quest’atto è compiuto in nome di un principio che sembra giustificare (la Fede nella giustizia, la divisa che indossa), ma in realtà amplifica il tradimento.

Ha assassinato un amico dicevamo, gesto che colloca la sua coscienza in una condizione di infamia e riprovazione. Questo atto è avvenuto mentre era nel suo ruolo di rappresentante della legge, una posizione che, paradossalmente, non lo ha protetto dal suo stesso crimine ma lo ha, anzi, esposto a una condanna più severa e a una riflessione più profonda. Il dolore che sente non è una mera conseguenza di un errore di calcolo o di un’azione fredda, ma è radicato in una crisi di coscienza che lo divora. Basta guardare una per una le vignette, e vedere come il suo tono di voce cambia gradualmente.

La sua reazione potrà essere percepita come ambigua (non a me, sinceramente) e l’uso di questo termine può facilmente applicarsi a chi, come Borsalino, sembra esprimere una forma di dolore che appare retorica. A me sembra uno sfogo netto e sincero. Tuttavia, questa visione ignora la complessità di ciò che sta provando.

Il vero dramma non risiede nello sfogo delle sue reazioni. È invece nel profondo abisso della sua autoaccusa e del suo tormento. Il dolore che prova è autentico, ecco perché il sensei disegna i flashback nel crescendo delle sue emozioni furibonde.

Tecnicamente, quel che prova si chiama dissonanza cognitiva, un concetto introdotto dallo psicologo Leon Festinger nel 1957. Si riferisce alla tensione o disagio psicologico che una persona sperimenta quando prova due o più credenze, valori o atteggiamenti in conflitto tra loro, o quando il comportamento di una persona non è coerente con le sue convinzioni o valori.

Kizaru ha tradito amici, arrivando persino a ucciderne uno in nome di una ‘giustizia’ le cui motivazioni gli sfuggono, ha assistito alla malvagità di Saturn senza muovere un dito. Non riesce a giustificare moralmente questa catena di eventi: un marine, nella sua concezione, non dovrebbe mai compiere simili azioni. Mai, in nessun caso. Questo lo lascia immerso in un profondo disagio, incapace di ridurre o eliminare il conflitto interiore che lo attanaglia. La dissonanza cognitiva, spesso accompagnata da emozioni negative come ansia, colpa o vergogna, è il ritratto perfetto dell’ammiraglio in questo momento.

Il demagogo, il sofista e l’ipocrita sono etichette troppo facili da applicare, soprattutto quando il vero dramma rimane incomprensibile. È proprio per questo che Oda ha disseminato ogni vignetta di flashback, quasi a voler eliminare qualsivoglia possibilità di fraintendimento. Se le mie parole non vi convincono (e non è mia intenzione convincervi, amici miei; il mio compito è farvi riflettere), affidatevi ai vostri occhi. Ipocrita fu Vegapunk nel voltare le spalle a Clover, io qui vedo un marine che ride bonariamente di fronte alle reazioni eccentriche di un genio. Si respira un’atmosfera in cui Stella sorride serenamente, mentre Bonney fa delle smorfie degne di un Oscar; tre amici – Kizaru, Sentomaru e Kuma – che, sorridenti, trasportano cataste di travi. E poi sempre Borsalino, con semplicità disarmante, dice: ‘No, no, io ormai sono un ammiraglio, sai?‘ eppure si toglie umilmente la giacca per aiutare a costruire un sogno.

Di grazia, nel massimo rispetto di qualunque opinione diversa, dove si scorge falsità in tutto ciò?

Nel semplice fatto che quel suo caro amico… lo uccide comunque, ?

Eppure Koby ha scelto di fermare un amico dal realizzare il suo sogno, Garp non si scatena per salvare Ace, e Sengoku lascia libero Law pur sapendo che è una D (una D particolarmente furiosa, aggiungerei). La spiegazione è semplice: sono stati indottrinati a credere che quella sia la cosa giusta, che il raggiungimento del One Piece o lo svelare il passato dei Cento Anni di Vuoto equivalga a mettere in pericolo mortale la popolazione innocente. Non ho mai visto Akainu mostrare empatia verso nessuno, diamine, non l’ho mai visto nemmeno chiedere scusa. Tutto questo ragionamento amplifica esponenzialmente l’intensità delle emozioni che tormentano Kizaru.

E con questo dovrei aver detto tutto, vi ricordo come sempre che non mi importa nulla di avere ragione, non ho la verità in tasca e rispetto l’opinione di chiunque. E questo è quanto vedo nella scimmia gialla.

Ossia il dramma di un uomo intrappolato in una fitta nebbia morale, un uomo che desidera ardentemente fare la cosa giusta, ma che si trova privo della bussola necessaria per orientarsi. Grazie al governo. La sua è una lotta incessante tra il cuore e la ragione, dove il desiderio di giustizia si scontra con l’incapacità di discernere il vero dal falso, il bene dal male.
Quindi la disillusione e la rabbia che manifesta sono tra le più umane viste in One Piece, sono le maschere di un tormento più profondo, quello di un marine che non si limita a rimpiangere il proprio crimine, ma che si confronta con una realtà interna: aver ucciso un amico. La sua sofferenza, sebbene possa apparire come una simulazione per alcuni, è, in realtà, una lotta profonda e reale con la propria coscienza.

Spaghetti a mezzanotte

‘La speranza, colei che lenisce ogni sofferenza, che con soave inganno… addolcisce gli affanni.’

– Eschilo, Prometeo Incatenato

Finalmente approdiamo su lidi più spensierati.

Inizialmente l’aria è mesta, e vige un’atmosfera plumbea, ricordiamoci che sono scappati da pochissimo, con un’uscita di scena a dir poco rocambolesca. E… Hurrà! Alleluia! Eureka! Si genti: Jinbe fa il timoniere! Ora mi spiego perché dalle mie parti in questi giorni, ci sono state non una, ma ben tre trombe d’aria. Mi è andata bene non si sia verificato un maremoto, direi.

Anyway

I Mugiwara erano giunti a Egghead per puro caso, senza alcuna missione premeditata; il salvataggio di Vegapunk, è stato richiesto solo nel corso degli eventi. Innanzitutto, vediamo un Franky sempre attento (e con un look western niente male) fare il punto della situazione sia per noi che per i suoi nakama. Dobbiamo ammettere che il conflitto appena avvenuto sia di proporzioni paragonabili, seppur con meno figure di spicco, a Marineford—praticamente una guerra in miniatura. Dopo l’ottima analisi del cyborg, abbiamo un timoniere ragionevole e… il solito Zoro al vetriolo. Non lo fa con cattiveria, è il classico tono che lo contraddistingue da sempre, come quando risponde a Tashigi affermando di essere superiore… perché semplicemente lo è, o quando non batte ciglio di fronte all’assenza di Vivi dopo Alabasta, o non mostra un filo di umanità nell’accusare Sanji di aver abbandonato la ciurma.

E’ puro Zoro al 100%, e sta bevendo l’equivalente in sake di una squadra di wrestler samoani, peraltro.

Persa tra un’Alice nel Paese delle Meraviglie e Brobdingnag, la terra dei giganti di Gulliver, la scena successiva scalda davvero il cuore. Ce n’era bisogno. Lilith si risveglia, e attorno a lei vediamo un Usopp nella sua classica versione impegnata su qualche progetto, mentre Chopper esclama ‘che sollievo!‘ (che suona sinistramente come ‘per fortuna non l’ho ammazzata!‘—scherzo, scherzo, sapete quanto adoro Chopperino). Poi c’è una splendida Nami, sempre premurosa, e infine Sanji. Che, ovviamente, non riesce a trattenere la sua eccitazione, tracimando saliva come un velociraptor, mentre nella sua mente partono le note sensuali di Nove settimane e mezzo.

In questo idillio fa improvvisamente capolino Asimov.

Lilith porta la mano al ricevitore e sembra avere una conversazione interna. Si concede un attimo per piangere, e qui emerge un fulcro narrativo tutt’altro che banale. Usopp le chiede: ‘Ma non sei la parte malvagia?‘. Questa frase racchiude un’intera riflessione, credetemi. Logicamente, se l’avidità di York ha orchestrato la distruzione e le battaglie di Egghead, Lilith dovrebbe rappresentare Satana in persona. L’avidità è deplorevole, ma la malvagità è diabolica. Ed è proprio qui che arriva una consegna morale, un monito per il futuro.

Vegapunk ha creato sei cloni… dotati di libero arbitrio.

Questo cardine narrativo è semplicemente prodigioso. Attraverso Lilith, Oda dimostra che il male è una scelta, non una prerogativa genetica o un destino ineluttabile. Lilith è impulsiva e affronta con ferocia chiunque ostacoli i progetti dell’isola; consegna i Mugiwara alla CP senza alcuna esitazione, ignorando la coscienziosità di Shaka e disprezzando apertamente il suo buonismo. Eppure, è l’unico satellite con un lato umano chiaro e luminoso, caratterizzato da una compassione autentica. Piange disperata per la morte dei cloni e era in lacrime mentre stringeva a sé Edison. La parte più dura e intransigente del suo carattere è legata all’impulsività, mai a intenti sadici o crudeli. Lilith non soddisfa pulsioni meramente malvagie; la sua durezza è strettamente connessa a una ferocia reattiva, non a una crudeltà premeditata.

Per contro, questo fa capire quanto York sia pericolosa.

A proposito di opinioni, questa sera ci sarà come sempre la Fatal! Interpretazione live dei dialoghi tradotti dal giapponese e adattati in maniera sopraffina, teorie, speculazioni e analisi. E’ il momento ideale per dirci cosa pensate del capitolo, vi aspettiamo!

https://m.twitch.tv/bikeandraft?desktop-redirect=true

Il satellite poi si accorge di avere fame, rivelando che il collegamento tra i cloni era semplicemente wireless: a una certa distanza, il contatto viene meno. Questo potrebbe essere confermato in futuro, con una probabile collisione sia morale che fisica tra le due controparti. Se avvicinandosi avvertiranno di nuovo il legame, avremo la conferma.
Ma poco importa di questi cavilli. Il piatto forte é Luffy Banfi.

Ricordate la scena in Spaghetti a mezzanotte, in cui Lino Banfi cerca di ‘suicidarsi’ mangiando? Si? Perfetto. Luffy in tutto il suo splendore comico, evoca quell’atmosfera surreale che caratterizza i suoi momenti più esilaranti. Certo, non sta cercando di suicidarsi, ma forse Banfi si stava davvero sforzando di accopparsi col cibo? Non direi.

Finalmente, assistiamo alla festa che conclude ogni saga, una celebrazione che riafferma il sodalizio tematico del cibo in One Piece. Con una Robin, più felice e radiosa che mai, aggiungerei. In questa scena, c’è una frase che potrebbe sembrare casuale, ma con Oda al timone è improbabile che non abbia un significato più profondo, anche se parziale. I giganti chiedono chi diventerà il Re dei Pirati, ma non lo augurano a Luffy, il che potrebbe suggerire che ad Elbaf esista un pretendente al titolo. Inoltre, il capitano dichiara chiaramente di non essersi imbarcato per pettinare le bambole, e lo afferma con la sicurezza di chi sa bene di essere il cane più grosso della discarica. È importante sottolineare questo, poiché siamo tutti proiettati verso l’Elbaf poetica e realizzatrice di sogni per Usopp, l’isola che funge da quartier generale per il mentore di Luffy e terra dei suoi amici fraterni.

Ma, in realtà, di Elbaf sappiamo tanto quanto Charloss ne capisce di gentilezza, teniamolo a mente.

E ora, so bene cosa state aspettando: l’interpretazione della sopravvivenza dei Vegapunk. Prima di tutto, è importante chiarire che questa decisione non è banale; non è semplicemente una manifestazione della riluttanza di Oda a eliminare i suoi personaggi, né tantomeno priva di senso. La sopravvivenza dei Vegapunk significa che un tassello narrativo, che a Egghead sarebbe stato prematuro, avrà il suo corso naturale in un momento opportuno. Se l’autore dovesse gestire maldestramente questa scelta, allora sì, sarò pronto a esprimere qualche commento in merito, con un contorno di vetriolo. Lamentarsene ora equivale semplicisticamente ad esprimere un parere personale.

Quindi, chiarite le motivazioni narrative (tutt’altro che improbabili) di questa ‘sopravvivenza’, vediamo se regge tecnicamente.

Regge eccome, è letteralmente un tropo narrativo dei più classici – se non addirittura dei più abusati – ve ne faccio una panoramica esaustiva, tesa a tranquillizzarvi su ragioni e possibili risvolti di trama.

In molte opere di fantasy e fantascienza, il concetto di mortalità viene esplorato e sovvertito in modi affascinanti, spesso rendendo i personaggi in grado di trascendere la morte o di vivere in cicli che sfidano le normali leggi della vita. Un esempio lampante è Gandalf de Il Signore degli Anelli, che affronta la morte durante la battaglia con il Balrog ma ritorna come Gandalf il Bianco. Questo evento non solo segna la sua resurrezione, ma anche una trasformazione che lo eleva a un essere di potere ancora maggiore, rappresentando un elemento cruciale nella mitologia tolkieniana, dove gli Istari sono emissari di poteri superiori: non soggetti alle leggi degli uomini.

In Harry Potter, la mortalità è un tema centrale, esplorato attraverso le vicende di Harry e Voldemort. Harry ‘muore’ e viene riportato in vita, un passaggio necessario per distruggere l’Horcrux dentro di lui. Voldemort, invece, cerca l’immortalità frammentando la sua anima in Horcrux, oggetti che lo rendono estremamente difficile da uccidere, ma che alla fine conducono alla sua rovina. Harry nel suo inconscio incontra Silente come entità senziente e tangibile, peraltro.

Il tema della mortalità viene ulteriormente complicato in American Gods, dove gli dèi, sia antichi che nuovi, possono morire, ma spesso sopravvivono in forme diverse o si rigenerano attraverso la fede e il culto delle persone. (diamine, se mi fa pensare a Nika). Qui, la mortalità è direttamente legata alla quantità di credenti e alla forza del mito, sottolineando l’importanza della fede nella sopravvivenza divina (confermo, Nika e il Culto del Sole).

O vogliamo parlare di Guerre Stellari? Dovela morte non è la fine per i Jedi come Qui-Gon Jinn, Obi-Wan Kenobi e Yoda, che possono diventare fantasmi della Forza. Dopo la morte, mantengono la loro identità e la capacità di interagire con i vivi, incarnando un concetto di esistenza post-mortem strettamente legato alla spiritualità della Forza.

Scusate, ma non posso esimermi dal citare il mio eroe. Ne La Torre Nera di Stephen King, Roland Deschain è intrappolato in un ciclo temporale che lo costringe a rivivere continuamente il suo viaggio per raggiungere la Torre Nera. Anche quando muore, si ritrova a ricominciare da capo, creando un senso di eternità e predestinazione, dove la morte non è un termine definitivo ma una parte di un ciclo inesorabile.

Infine, per chi ama i comics, in Sandman di Neil Gaiman, Sogno, o Morpheus, è uno degli Eterni, entità che rappresentano concetti fondamentali come Morte, Destino e Desiderio. Sebbene possa morire in una forma, la sua essenza continua a vivere attraverso il concetto stesso di sogno, suggerendo una forma di immortalità legata al ruolo eterno e ineluttabile che incarna.

In tutte queste opere, la morte è un confine permeabile, una soglia che i personaggi possono attraversare e spesso superare, perfino nel telefilm Manimal, durante l’intro, il Padre diceva al figlio:

‘Figlio mio, devi avere fiducia e credere. Questa non è la fine, questo… è l’inizio’

Ecco, spero di aver fugato qualsiasi dubbio sulle indiscusse potenzialità di una simile scelta narrativa.

Morgans, Kizaru e Lilith. Oda non offre risposte facili o consolatorie.
Quale scrittore degno di nota lo farebbe mai prima del finale?

Ivi giungo di lontano

‘Alla fine, non ricorderemo le parole dei nostri nemici, ma il silenzio dei nostri amici’

– Martin Luther King Jr.

Si parte senza indugi, tagliamo la testa al tropo.

Non voglio togliervi tempo prezioso con ipotesi astruse, a meno che non ci scappi il classico elemento esterno di trama: Scopper Gaban sarebbe un elemento splendido e perfetto.

In un’intervista, Oda dichiarò che non avrebbe mai pensato di scrivere per 27 anni. Agli esordi, non esisteva internet come oggi, e quindi non avrebbe mai potuto concepire che migliaia di persone analizzassero ogni dettaglio del manga. Questo implica che molte persone, nel corso degli anni, hanno indovinato alcuni risvolti della trama. Nell’intervista, Oda fece anche una dichiarazione netta: non avrebbe più dato credito a internet. Alcuni eventi, che erano stati pianificati fin dall’inizio, possono essere anticipati da chi segue la storia con attenzione, ma questo non cambierà di certo la trama. Meglio un evento parzialmente previsto che compromettere completamente la bellezza e la complessità della narrazione.

E sapete una cosa? Ha dannatamente ragione.

Questa introduzione serve a chiarire senza mezzi termini perché Gaban potrebbe integrarsi perfettamente nella narrazione di Oda. Non solo è indubbiamente cool, ma, come vi sottolineo sempre: è plausibile.

Gaban era una delle ali di Roger, caratterino ancora più ispido di Rayleigh e non meno forte di quest’ultimo, occhio, stiamo parlando dell’equivalente di Zoro e Sanji. La sua venerazione verso il capitano era simile a quella di Denjiro per Oden. Aprite il capitolo 966, nel punto in cui Roger si inginocchia a Newgate affinché gli cedesse il samurai. Gaban è il primo a gridare di non inginocchiarsi, estremamente contrariato. Ha la faccia di uno che sta masticando vetro.

Il pirata è uno dei padroni dei mari, ha partecipato a tutte le battaglie e conosce tutti i segreti del mondo. Come Shanks, con la missione a lui affidata, e Rayleigh, con la celebre affermazione ‘Io non morirò, amico mio‘, anche Gaban potrebbe avere un legame speciale con il capitano.

Dove si trova la Oro Jackson? E che dire della sagoma vista nei capitoli precedenti, quando Vegapunk parlava del dominatore destinato a raggiungere il One Piece? E’ forse casuale che essa presentasse una spada con linea e forma simile alla Ace di Roger?

La chiacchierata con Crocus potrebbe rivelarsi magistrale, poiché il Kasa e l’Haori con cui Gaban è vestito potrebbero rafforzare in modo narrativamente plausibile la sua presenza a Wano. Se il Governo Mondiale cerca spesso i pirati, quale luogo migliore del paese dei samurai, un posto che non viene visitato da secoli dal governo? Questo spiegherebbe anche l’abbigliamento di Gaban. Nel frattempo, per noia o per necessità, Gaban deve spostarsi, e il ciclo si ripete.

Se desideri operare indisturbato, quale posto può garantirti una libertà di azione senza interferenze delle autorità? Ovviamente, la terra dei giganti è l’ideale.

Questi dettagli sono senz’altro sensati, ma sarà necessario verificare se si riveleranno veri. Mancano ancora i presupposti mentali, poiché abbiamo visto Rayleigh sporadicamente, con il suo rifiuto di agire in questa epoca se non per aiutare amici in pericolo, e Crocus ancora meno. Tuttavia, riflettiamo: se il sogno di Luffy dovesse fallire e vedessimo Zoro apparire di tanto in tanto per anni, non ci aspetteremmo naturalmente che prima o poi anche Sanji faccia la sua comparsa? Personalmente, credo di sì. Questo è quel che ho da dire guardando una semplice sagoma, senza sbilanciarmi.

Vi lascio il video del Re, ispirato e ironico come sempre, sono rimasto deliziato da due dettagli, la Oro Jackson e il discorso sul potere dell’uomo con la cicatrice di fuoco. Gustatevelo!

Il dipinto

Spero di avervi intrattenuti, spinti a ragionare e riflettere.

Assolutismi come giusto o sbagliato, ragione o torto, sono risibili.
Considerate i capitoli del manga come un dipinto: mille persone lo osservano e ognuna percepisce qualcosa di unico e personale.

La scena di Kizaru è un’analisi spietata della dualità dell’essere umano.
Rivela che sotto l’apparente normalità si nasconde la vera immagine che ognuno percepisce di se.
La narrazione, con i suoi toni freddi e il suo realismo spoglio, accentua il contrasto tra la quiete apparente e la turbolenza nascosta nell’animo.
Elegante è anche l’uso dell’aggressività, non solo come elemento narrativo, ma come simbolo di conflitto interiore.
Oda, con talento al calor bianco, svela il cuore di un uomo triste e arrabbiato con se stesso, ma senza indulgere in vezzi artistici. Dimostrando ancora una volta di non aver perso neanche un’oncia della sua forza iconoclasta.

Ecco cosa ha visto il vostro affezionatissimo in quel dipinto.

Godiamoci il viaggio, genti

I thought it up and brought up the past
Once you know you can never go back

– RHCP, Other Side

Cenere

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